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COME ERAVAMO…  AMARCORD FRA CALESSE E…  SUV DI OGGI.  Dopo circa 80 anni…

di Arnaldo De Porti

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Vorrei esprimere lo stato d’animo di persona ormai a cavallo fra tre generazioni, anno piu’ anno meno, stato d’animo certamente riconducibile all’evoluzione storico-sociale-politica, sia nel bene che nel male, nella quale, coloro che sono nati intorno all’anno 1935 (cito quest’anno non solo perche’ purtroppo mi appartiene, ma anche per evitare…  falsi storici) ricorderanno, magari trovando anche qualche punto di contatto, con ovvie punte di tristezza per certi versi, ma anche memori di qualche motivazione che ci fa rimpiangere la qualita’ della vita di allora, e avranno anche qualcosa da aggiungere.

Io avevo circa 10 anni quando nell’aprile del 45 fini’ la guerra, ma diversi ricordi che hanno preceduto questo tragico evento, sono ancora vivi nella mia memoria.

Ricordo i bombardamenti, i rifugi antiaerei nei quali mi portavano quando suonavano le sirene, le tessere annonarie per avere il pane nero contingentato, lo zucchero che veniva venduto ad etti ed incartato su piccoli pezzi di carta color blu, i fanali di bicicletta oscurati con la carta scura ad evitare w di essere scorti da “Pippo” (un piccolo aereo che bombardava qua e la’ di giorno e di notte), lo sfollamento in campagna ad evitare il pericolo di bombardamenti in citta’, le sirene che preannunciavano l’arrivo degli aerei da bombardamento e che invitavano pertanto a guadagnare qualche rifugio e la… fame (anche se io ero un fortunato in quanto mio padre portava a casa dei sacchi di pane biscottato che duravano 15-20 giorni, che io – avevo allora 6-7 anni – barattavo con una ragazza di qualche anno piu’ della mia: io ti do due pani biscottati e tu mi dai in cambio 4-5 pesche. Perche’ pesche, chi mi legge si chiedera’ ? Semplicemente perche’ la “Negra Aio”, cosi’ chiamavano questa ragazza, disponeva di molti campi coltivati a pesche… mentre mio padre che lavorava al Consorzio Agrario aveva la possibilita’, invero non facile, di avere ogni tanto qualche sacco di pane biscottato. In sintesi, io “rubavo” il pane della mia famiglia e lo davo alla “Negra Aio” e quest’ultima , a sua volta “rubava” le pesche della sua per darle a me, senza che nessuno sapesse niente, formalizzando cosi’ una vera e propria contrattazione commerciale…  sicuramente molto piu’ onesta di tante di oggi.

Dico subito che, pur essendo vissuto a cavallo della guerra, di aver un ottimo ricordo di quegli anni. Ed il tutto si puo’ giustificare sinteticamente: quel poco che si riusciva ad avere era sempre bello e buono e soprattutto accompagnato da uno spirito sincero di fratellanza fra la gente che oggi non solo ce lo sogniamo, ma neppure riusciremmo ad immaginare. Sara’ stata la paura che ci spingeva a questo spirito fraterno, fatto sta che, oggi come oggi, questo positivo sentimento non esiste piu’. Allora non c’erano le macchine e, quelle poche che c’erano, dovevano far i conti con le gomme che si bucavano ad ogni pie’ sospinto, con la benzina che si doveva comperare al mercato nero e che mio padre riusciva ad avere in qualche modo dagli americani, carburante diverso rispetto a quello del mercato nero: infatti si trattava di una benzina rossa di colore, in assegnazione all’esercito

americano, di cui ancor oggi non conosco come mio padre faceva ad averla.

Ricordo che allora, essendo sfollati in campagna, mio padre aveva comperato una cavalla color grigio-nero con la quale, alla domenica, si andava… .fuori porta (della stalla ovviamente) e di cui conservo una foto, che propongo qui sotto, che mi vede alla conduzione di un calesse a quattro posti, un vero “fuori-serie”, mentre do l’input di partenza al cavallo con tanto di redini in mano… e cappello da uomo, all’eta’ di 7 anni. Poi la guerra fini’ ed incomincio’ la ricostruzione. L’Italia era sommersa dalle macerie, non c’erano ne’ soldi ne’ mezzi di sostentamento sufficienti, tutto era contingentato, ricordo che feci la prima comunione con le scarpe di gomma che mia madre, povera donna, aveva cercato di colorire di bianco usando un gesso per abbinarle al vestito ecc.ecc. Insomma i ricordi non finirebbero piu’. Quello che e’ certo e che si richiama all’evoluzione di cui faccio cenno all’inizio di questo Amarcord e’ che, ancora per diversi anni fino al 50-60, persisteva un forte spirito di fratellanza, di amicizia: lo stesso che aveva contraddistinto il periodo della guerra. Vorrei quasi dire, forse forzando il paragone per rendere meglio il pensiero, che allora si era piu’ fratelli in tutto: l’aiuto era reciproco e profondamente sentito da tutti, a prescindere dall’appartenenza alla classe sociale.

Venendo ad oggi, era in cui abbiamo tutto, che dire ? Esiste forse qualche punto di contatto con allora ?

La risposta, almeno a mio avviso, e’ decisamente no ! In primis, perche’ fortunatamente oggi abbiamo tutto rispetto ad allora, per cui il punto di contatto con esiste, poi perche’ non esiste piu’ nella societa’ evoluta di oggi una qualsiasi forma di rapporto davvero sincero, tanto che non ci si conosce nemmeno fra condomini, essendo questa ima societa’ nella quale e’ venuto meno anche il gusto di vivere in quanto con il denaro si puo’ avere tutto senza fatica, fino ad avere la possibilita’ di acquistare le persone od usarle come oggetto di scambio ed a qualsiasi titolo: per sesso, per politica, per interessi vari persino barattando il Vangelo di Cristo. Oggi, inoltre non si puo’ piu’ programmare il futuro, perche’ sembra non esserci piu’ futuro. Una volta mettevamo da parte qualche risparmio per comperarci una Vespa od una Lambretta, oppure una casetta, ma oggi cio’ e’ diventato un discorso improgrammabile.

Ma che vita e’ ? L’oggi com’ e’ ? Come sara’ il futuro ?

Mi pare che la societa’ si sia trasformata in una grande arena politica, sociale, economica, etnica, religiosa, in cui il sentimento collettivo si e’ trasformato in un optional di nessun valore a cui si fa riferimento solo in determinate occasioni, come matrimoni, funerali, ma anche per nascondere ingiustizie, malefatte, orrori, discriminazioni, conflitti sociali, ecc.ecc., L’uomo oggi non vale piu’ come essere umano, ma come macchina correlata a quanto produce. Tant’e’ che, anche fare questa affermazione, oggi significa fare della retorica gratuita.

Ed allora ?

Io penso che, oggi come oggi, essendo stato raggiunto un tale livello di progresso che potrebbe permetterci di non affannarci piu’ di tanto, sarebbe necessario riflettere sulla nostra condizione umana che, a mio avviso, e’ peggiorata rispetto al periodo appena post-bellico. Se non addirittura, per certi versi, rispetto al periodo della guerra.

Di chi la colpa di tutto cio’ ? Della politica, si’, della politica, la quale, attraverso i suoi rappresentanti raramente onesti e puliti, ha spento da mo’ ogni senso etico, deviando senza pudore alcuno da quei principi etici in funzione del benessere, della serenita’ collettiva, per auto-costruirsi (in senso metaforico) delle “carceri dorate e invalicabili anche dalla giustizia” allo scopo di privilegiare i propri personali interessi a danno delle persone oneste. Non per niente, e non mi stanchero’ mai di ripetere quanto diceva Indro Montanelli, (sue stesse parole) ” il parlamento e’ diventato un rifugio per mariuoli… ” : i fatti delinquenziali di questi giorni che hanno come protagonisti persino dei parlamentari, ne costituiscono un emblematico esempio.

Ma vogliamo andar avanti ancora cosi’ o non sarebbe meglio mandare tutti a casa, magari facendo una massiccia … lavanda gastrica a tutto il parlamento ? Che anche con la recente manovra, ha ‘ pensato bene di mantenere in essere i privilegi di questa casta intoccabile, “rubando” alle persone oneste e per bene ?

Gli Italiani non sono ancora stanchi o privilegiano il masochismo ?

 

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