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Ogni settimana diversi lettori si lamentano di non ricevere più “Il Punto”.
Poiché ho tutta l’intenzione di continuare a scriverlo, prego chi venga a trovarsi in questa situazione di avvisarmi via mail tenuto conto che non si riesce a capire il perché di questa auto-cancellazione che purtroppo continua da mesi. Ricordo che comunque – giù nella giornata di venerdì – IL PUNTO della settimana è visibile sul mio sito www.marcozacchera.it Grazie!
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E’ CRISI, MA NON E’ UNA COSA SERIA
Il momento è drammatico, ma la crisi generata dal M5S era del tutto prevedibile e la responsabilità è anche di chi (Mattarella) nel segno della continuità “obbligatoria” non ha voluto far votare a tempo debito gli italiani permettendo governi e ribaltoni, senza alcun rispetto per il voto elettorale.
Risultato: il partito che (2018) era maggioranza relativa, fallito negli uomini e nei programmi, dopo aver perso una infinità di pezzi e da ultimo la corrente Di Maio, capace di maggioranze variabili e antitetiche, dotato di demagogia infinita e con ben poche capacità politiche (leggere articolo qui di sotto) ha portato L’ iTALIA a una crisi che rischia di sfasciare tutto. Rischio od opportunità? Se si votasse oggi lo si farebbbe ancora con la vecchia legge elettorale (parzialmente maggioritaria) che obbliga ad alleanze, ma con posti bloccati a disposizione dei sudditi dei leader. Molti sono però pronti ad approvare una nuova legge elettorale proporzionale – non si sa se con nomi bloccati o meno – con la prospettiva di mesi con litigi fra tutti e ciascuno a difendere la propria bandiera.
Nulla di buono all’orizzonte, ma anche nulla di serio.
Draghi – che sarebbe stato il jolly per una intera legislatura se a capo di una maggioranza politica coerente, anche se personalmente lo vedo troppo dipendente da UE, USA e grande capitale – rischia ora di essere bruciato. Il rischio è che il prossimo premier lo faccia subito rimpiangere.

 

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DISASTRO 5 STELLE, FALLIMENTO PER TUTTI
La crisi conclamata del M5S che oltre a mettere a rischio il governo Draghi in un quinquennio è passato dall’essere il primo partito italiano ad una percentuale al di sotto del 10% può essere commentata con sarcasmo ed ironia (e non ne mancherebbero certo gli argomenti), ma alla fine è anche una sconfitta per tutti.
Sembra ieri quando il Movimento prometteva di aprire il Parlamento come “una scatola di tonno”, annunciava più avanti “la fine della povertà” e che comunque avrebbe dimostrato un modo rivoluzionario “dal basso”  come affrontare la politica.
E’ passato meno di un quinquennio e l’aspetto più triste della mancata rivoluzione grillina è proprio il vedere come non solo i protagonisti si sono velocemente adeguati all’andazzo generale, ma soprattutto come un’altra volta sia fallita la possibilità di un vero ricambio della classe politica italiana e almeno l’avvio di riforme coerenti e strutturali.
Causa principale di questa rivoluzione mancata è stata soprattutto il mediocre (o peggio) livello della classe dirigente del M5S che – alla prova dei fatti – si è dimostrata qualitativamente del tutto insufficiente non arrivando neppure al “livello minimo sindacale” per occuparsi della cosa pubblica, dimostrandosi troppo spesso senza esperienza e capacità, ma anche senza l’umiltà di voler imparare.
A parte la continua emorragia di eletti che si sono accasati in altri e a volte opposti schieramenti politici senza minimamente porsi un problema di coerenza rispetto all’elettorato, è evidente che anche la pattuglia ministeriale grillina – pronta a continui cambi di maggioranza – è stata complessivamente incapace di andare oltre agli slogan e ad alcuni provvedimenti-facciata come il reddito di cittadinanza. Gli esempi poi di ministri come Toninelli o Azzolina hanno fatto il giro del mondo sottolineando la loro inadeguatezza.
Falliti rovinosamente a livello amministrativo locale con le poche persone serie che se ne sono andate appena possibile (una per tutte la sindaco di Torino, Chiara Appendino, o il sindaco di Parma Federico Pizzarotti) oppure che sono state cacciate dagli elettori al loro primo rinnovo (come a Roma Virginia Raggi che da sindaco uscente ha raccolto solo il 19% dei voti), anche a livello politico il movimento ha dimostrato di non avere radici.
Alla fine questa fine ingloriosa è però una sconfitta non solo del M5S ma di tutto il sistema politico italiano, perché il voto ai pentastellati, soprattutto al sud, era stata anche l’ennesimo tentativo di cambiamento da parte di una quota consistente dell’elettorato, sfiancata e sfiduciata dalle delusioni e dagli insuccessi in serie accumulati nei decenni da tutto l’arco politico. Era stata una apertura di credito, una speranza di rinnovamento, un ultimo appello prima di rifugiarsi – come si è visto anche recentemente – nel limbo grigio del “non voto”
Una grande occasione persa di “democrazia diretta”, perché era stato effettivamente rivoluzionario e innovativo proporre metodi di consultazione on line dei simpatizzanti per prendere le decisioni importanti, così come per la scelta dei candidati ai diversi livelli, anche se spesso con poca partecipazione e trasparenza.
Fine precoce ed ingloriosa di un Movimento nato dal basso che aveva potenzialità enormi, ma le ha sciupate tutte.

 

CHI PAGA LA GUERRA

Vorrei sommessamente far notare che siamo ad un buon 10% minimo di inflazione, che le aziende sono in crisi per il caro materie prime, le borse a picco mentre il Dollaro USA si è rivalutato di oltre il 10% sull’Euro in pochi mesi, Euro che oggi vale meno anche  di un Franco Svizzero (cosa mai avvenuta).

Incombono le sanzioni che – prima e forse più di Putin – però colpiscono essenzialmente  l’Europa visto che gran parte del mondo non le applica. Ma allora, chi se non soprattutto l’Europa sta pagando la guerra in Ucraina? Intanto il maxi-debito USA detenuto dai risparmiatori esteri grazie alla rivalutazione del dollaro si è ridotto in pratica del 10% cioè NOI paghiamo, riducendolo, anche il debito americano.

Nessuno sembra avere il coraggio di sollevare questi aspetti che dovrebbero farci riflettere sulla incomprensibile (?) pochezza europea e sul conformismo dell’informazione.

 

NUCLEARE OK: E  ADESSO L’ITALIA?
Nella sua ultima giravolta energetica, sotto la pressione politica della Francia e a seguire della Germania e dell’Est Europa, il gas e l’energia nucleare sono state definite come “green” dall’Unione Europea e quindi potranno essere sviluppate anche nei prossimi anni in alternativa a petrolio e carbone.
Per chi – come me – ha sempre sostenuto l’assurdità tutta italiana di un “no” preconcetto al nucleare (“no” cresciuto nei decenni per ignoranza, condizionamento dei media, atavica paura di fantomatici disastri) è sicuramente una buona notizia.
Resta però il fatto che il nostro paese – che era in testa agli studi in questo settore ed aveva per tempo avviato un programma per produrre energia nucleare – è ora fanalino d’Europa, tagliato fuori dal mercato e sconterà un costo pesantissimo in termini di decenni e di costi economici immani per il ritardo accumulato.
Raramente come in questo settore ci si è nutriti di demagogia stupida, con l’ENEL costretta a chiudere gli impianti in Italia ma producendo energia atomica in centrali all’estero, con energia elettrica importata a caro prezzo da Francia, Svizzera (e ora anche dalla Slovenia) anche se di produzione nucleare e una bella corona di centrali atomiche costruite appena al di là delle Alpi, quasi che le eventuali nubi radioattive rispettino i confini nazionali.
In realtà di incidenti nucleari importanti nel mondo non ce ne sono più da decenni e le nuove tecnologie hanno aumentato ogni margine di sicurezza con interventi automatici di spegnimento dei reattori in caso di necessità e stoccaggi sicuri oltre – soprattutto – a costruire centrali atomiche di diversa e ben più moderna concezione.
In Italia, invece, un po’ come per gli inceneritori dei rifiuti urbani il problema non viene mai risolto perché tra veti incrociati e paure inconsce nessun governante accetta di prendersi le proprie responsabilità, timoroso di perdere “appeal” presso l’opinione pubblica. Quindi niente stoccaggi sicuri, fusti di materiale radioattivo potenzialmente pericolosi in giro, nessuna programmazione per il futuro.
E adesso, che fare? Se qualcuno si svegliasse proponendo di costruire qualche centrale nucleare verrebbe tuttora lapidato in pubblico eppure o vogliamo ridurre il nostro deficit energetico o non ci sono altre vie, salvo coprire l’Italia di pannelli solari e le nostre colline di pale eoliche. Eppure il PNRR dovrebbe servire proprio per decisioni lungimiranti (e sicure) anche in questo settore, soprattutto perché il futuro del nucleare non sono più i grandi impianti impattanti sul territorio, ma centrali di ben più modeste dimensioni capaci di produrre energia “locale” a costi competitivi.
Chissà se finalmente ci sarà una informazione chiara su vantaggi e costi di queste decisioni o se, ancora una volta, si continuerà con la consueta demagogia.

PS: chi volesse aggiornarsi sul tema con dati, documentazioni e confronti si legga (o rilegga) il volume “Il futuro dell’energia nucleare” di Celso Osimani e Ivo Tripputi, edizioni IBLlibri – euro 20)

VACCINI
Ricrescono i casi di Covid e il sempiterno ministro Speranza ha ripreso gli appelli per la campagna vaccinale rivolta ai “fragili” e agli Over 60. “Vaccinatevi, anche se solo tra settembre ed ottobre ci sarà il nuovo vaccino contro Omicron!”. Ma con questo tipo di annunci, quanti italiani andranno mai a vaccinarsi?
Nessuno mi toglie dalla testa che bisogna soprattutto far fuori scorte di vaccini superati pagati a caro prezzo, nel grigiore e nella corruzione che in argomento ha sottolineato il muoversi dell’Europa.
Piuttosto, se si ritrovano insieme decine di migliaia di persone stipate per un concerto sia pur all’aperto, non sarebbe logico imporre l’uso della mascherina (se fosse davvero utile) almeno in occasione di questi assembramenti?

 

COERENZA
Un pubblico plauso va dedicato a ELIO VITO, parlamentare di Forza Italia e già leader radicale che dopo otto legislature si è dimesso dalla Camera perchè non più in linea con alcune prese di posizione del proprio partito.
In un mare di voltagabbana ecco una persona seria, coerente, che non cambia bandiera. Onore al merito e “doppio onore” perchè la maggioranza degli altri deputati sono stati doppiamente scortesi e pusullanimi.
Quando un deputato infatti si dimette per motivi di opinione è prassi e “bon ton” che le sue dimissioni siano respinte con il voto segreto, salvo accettarle la seduta successiva, se riconfermate.
Questa volta una maggioranza di persone piccole piccole ha invece subito accettato le dimissioni a maggioranza, segno di scarso livello istituzionale ed inutile scortesia. Tranquilli: la grande maggioranza di loro finirà a casa presto, credo con pochi pubblici rimpianti.

UN  SALUTO  A  TUTTI                                                             MARCO ZACCHERA

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

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