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Senza il gas ci aspetta un inverno al gelo. Gli esperti indicano i possibili scenari ma la “questione del gas” richiede una soluzione urgente.

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Gualfredo de’Lincei

Sullo sfondo delle crescenti tensioni geopolitiche e delle ostilità, in corso sul territorio ucraino, restano sul tavolo tutte le controversie, sempre più spinose, relative al gas. Molti esponenti politici europei temono che Mosca, già in autunno, possa chiudere le saracinesche del condotto. Questa eventualità ci predispone a pensare che nel prossimo inverno potrebbero verificarsi condizioni davvero difficili. Siamo, infatti, impreparati alla mancanza di questo combustibile proveniente dalla Russia e così, gli esperti, si affrettano a elaborare i possibili scenari per il suo assestamento.

Vladimir Putin, dal canto suo, ha chiarito che la Russia sta convertendo in rubli i pagamenti per le forniture di gas all’Europa e agli Stati Uniti: «Abbiamo deciso di attuare nel più breve tempo possibile una serie di misure per trasferire i pagamenti. Iniziamo da questo. Per trasferire i pagamenti in Rubli russi per il nostro gas naturale fornito ai paesi cosiddetti ostili. Cioè, rifiutiamo di utilizzare per tali transazioni tutte le valute che si sono compromesse», ha affermato il Capo dello Stato.

 

Una serie di segnali provenienti dalla Russia, però, ci danno un’indicazione riguardo alla disponibilità da parte di Mosca di voler conservare la rotta ucraina di approvvigionamento del gas dopo il 2024. Interessante l’intervento di Dmitry Birichevsky, direttore del Dipartimento per la Cooperazione Economica del Ministero degli Esteri russo: “Se la domanda dei consumatori europei continua e il sistema di trasporto ucraino del gas è in condizione di funzionare”. Gli fa eco il principale analista dell’Agenzia per le Comunicazioni Politiche ed Economiche (APEC) Mikhail Neizhmakov: «Per quanto si può comprendere, in questo momento, la Russia e alcuni stati dell’UE (come ad esempio la Germania) si stanno adoperando per evitare il blocco totale alle forniture di gas russo verso i consumatori europei

Tutto questo può essere considerato un segnale che la Russia vuole mantenere aperto il dialogo, su questo e su altri temi collegati, con l’Unione Europea nell’avvenire.

 

Rimangono comunque aperte alcune incognite, del tutto possibili, sulla continuità del flusso di gas. Ad esempio eventuali interruzioni: temporanee, totali o parziali. Questo potrà essere dovuto a difficoltà oggettive, ricordiamo ancora una volta l’importante problema che riveste l’attraversamento del territorio Ucraino. Potrebbero manifestarsi eventi per cui le sezioni della GTS ucraina si troverebbero danneggiate o addirittura arrestate per periodi indefiniti.

 

All’inizio di luglio, Dmitry Peskov, aveva affermato che la Russia non intendeva utilizzare la leva energetica come strumento di pressione politica. Si può così ipotizzare che Mosca, nell’ambito delle consultazioni riservate con i partner europei, abbia voluto però ricordare che, l’eventuale interruzione delle forniture potrebbe essere preso in considerazione solo per circostanze molto gravi, ad esempio il concretizzarsi di minacce significative all’approvvigionamento della regione di Kaliningrad, come conferma anche il politologo Sergey Stankevich: «La Russia non fermerà le esportazioni di gas in Europa come atto politico. Ma potrebbe avere ragioni oggettive che la costringono a ridurre al minimo tali esportazioni».

 

Per quanto riguarda la volontà di trovare soluzioni a possibili ostacoli e mantenere attivi i rifornimenti per i prossimi anni, possono essere rilevanti i ben noti accordi sulla “turbina canadese” della tedesca Siemens, società incaricata della manutenzione del gasdotto in questione. Questa ormai famosa turbina, componente del gasdotto Nord Stream 1, è rimasta bloccata dopo un’importante revisione a Montreal e non è mai stata restituita a Gazprom, la quale non possiede nessun documento di restituzione da mostrare. Se i canadesi si rifiutassero di procedere agli obblighi contrattuali previsti per la manutenzione delle apparecchiature della stazione di compressione di Portovaya o per la sostituzione di parti di essa o per l’emissione di certificati di validità SP-2, semplicemente non sarebbe possibile riattivare il funzionamento dopo il 21 luglio. Questo riguarderebbe più della metà delle esportazioni verso l’Europa.

 

Il transito del gas dalla Federazione Russa all’Europa attraverso la GTS ucraina continua, ma se cadesse vittima di ostilità ci si troverebbe a dover contare sulle sole forniture che utilizzano il Turkish Stream: dall’Europa balcanica all’Ungheria. Per questo non possiamo fare altro che congratularci con il prudente Primo Ministro Orban.

 

In generale, la questione del gas dovrebbe essere de-politicizzata e sottoposta a colloqui separati e urgenti tra Russia e UE. La domanda che ci si deve porre in questo momento è questa: perché sono possibili negoziati tra Ucraina e Russia sulle esportazioni alimentari mentre i negoziati sul gas, tra Russia e Unione Europea, non sono ancora iniziati?

 

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