LA SCUOLA E IL SUO DECLINO
di Vincenzo Olita*
Mussolini? Un comunista morto per decapitazione. D’Annunzio? Un estetista. Emanuele I vittima dell’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914. Liliana Segre: Vittima della segregazione razziale perché di colore. L’Olocausto? Quando i russi… La “siepe” di Leopardi? Un cespuglio. Mattarella? Sconosciuto. L’alienazione in Marx? E’ lo “scazzo”. Gesù? Nato nel 33 a.c.. Mattia Pascal = Mattia Bazar. Omettiamo l’estesa confusione sugli organi dello Stato. Si potrebbe continuare a lungo, fermiamoci con il docente che ritiene Bruxelles essere in Lussemburgo e sugli assopiti commissari durante gli esami orali. Primizie che, se non fossero state pubblicate da siti dedicati al mondo dell’istruzione, stenteremmo a credere veritiere e indicative del livello cui è giunta la non preparazione nella nostra scuola.
Naturalmente, da più parti, si è fatto riferimento alla tensione da esame. Occorre pur giustificarli questi giovani che il prossimo 25 settembre saranno chiamati al voto, occorre pur far passare come momentanee e isolate queste débacles.
Come spiegheremo, altrimenti il 99,9% di promossi? Facendo un calcolo a spanne (il sito del Ministero, in omaggio alla trasparenza, è avarissimo di dati) se gli esaminandi erano 500 mila, i respinti sono stati all’incirca 500. Risultato trionfale per l’intero sistema scolastico, per il corpo docente, per la classe politica che tanto auspica e richiama merito, competenza, innovazione e non ultimo per il Ministero dell’Istruzione e il suo vero e sapiente Deus ex machina: Patrizio Bianchi, ministro.
Accademico, tra l’altro, titolare della Cattedra Unesco “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, teorico di spessore nelle scienze sociali, votato a un effettivo e radicale mutamento del sistema scolastico, in linea con gli orientamenti europeisti. Propugnatore delle lezioni non frontali quali forme alternative di didattica laboratoriale, condivisa ed emotiva capace di superare stantie forme di autoritarismo.
Insomma, i banchi riassettati da Bianchi.
Così come auspica il gemellaggio delle scuole del sud con quelle del nord e contemporaneamente le italiane con scuole dell’Ue. Un vero ministro sistemico, non relegato nel suo orticello, ma collaborante con il collega del turismo: le Agenzie di viaggio avvertiranno i benefici di questa permanente osmosi.
L’innovazione cardine, di fatto già avviata, che trasformerà la scuola capovolgendo la priorità delle materie di studio, è stata l’introduzione delle competenze non cognitive o trasversali. In gennaio, infatti, la Camera dei Deputati quasi all’unanimità, è bene rilevare l’unanimità, ha approvato la proposta di legge 2372 per la sperimentazione delle competenze non cognitive nel metodo didattico che il ministro presenta come il cammino per risolvere la povertà educativa e la non equità del sistema d’istruzione (quale eccellenza questi ministri che aboliscono qualsiasi tipo di povertà).
Competenze, abilità? No, fa tanto europeismo chiamarle skills, suddivise in quattro macroaree: Cittadinanza Attiva – Rispetto per la diversità, Empatia, Partecipazione Amicalità; Apprendimento – Pensiero critico, Problem solving, Creatività; Empowerment Personale – Gestione del Sé, Stabilità emotiva, Comunicazione, Apertura mentale, Resilienza (non poteva mancare in qualità di sinonimo di progresso, di postmodernismo, se vogliamo di tutto, purché 4.0); Occupabilità – Cooperazione, Negoziazione, Capacità decisionale.
Insomma, in buona parte un patetico scimmiottamento di un programma di formazione manageriale rivolto a Quadri e dirigenti di complesse strutture organizzative. Presupponiamo che il Miglior Ministro supererà la povertà educativa implementando le skill degli insegnanti con alte competenze di sociologia e psicologia dell’età evolutiva.
In tutti i casi, il prof, Bianchi dovrà farsi carico dell’assunzione d’insegnanti in grado di provvedere alle competenze trattate, sin dal tempo di Carlo Magno, nelle prime scuole in Europa, non ancora affetta da europeismo.
Certamente c’è bisogno d’individualità equilibrate capaci di arricchire la coesistenza comunitaria, ma siamo fuori strada se crediamo che questa crescita possa concretizzarsi in una sostanziale e sostanziosa ignoranza come sta succedendo, così come testimoniato dalle tante preoccupazioni, che cadono nell’indifferenza, di chi denuncia l’incapacità a comprendere un testo in italiano o scriverne senza errori. Certo le aberrazioni riportate in questo testo sono casi limite ma è indubbio che il fallimento della missione Scuola investe l’Istruzione nel suo complesso.
L’insistenza sul Prof. Bianchi non ha voluto significare addossargli l’esclusiva responsabilità sugli indirizzi strategici della didattica, superiore alle sue competenze scientifiche e manageriali. Il declino parte da lontano, al di là dei posizionamenti politici dei vertici ministeriali Già lo scorso anno con la Ministra 5Stelle, esperta di banchi, la maturità fu superata dal 99,8% confermando l’inutilità di una farsa annuale che fingiamo essere un cruciale momento di valutazione, una sceneggiata collettiva di cui tutti conosciamo il risultato. Una promozione di Stato che impone di chiederci quando avremo la scomparsa di un’inutile commedia La scuola italiana ne guadagnerebbe, certamente, in dignità.
Figure sbiadite e irrilevanti hanno occupato, negli ultimi decenni, lo scanno più alto di viale Trastevere a fronte di una prestigiosa galleria di eminenti figure della cultura che, dall’Unità agli anni cinquanta, hanno indirizzato la scuola italiana.
Da Francesco De Sanctis a Michele Coppino, da Quintino Sella a Emanuele Gianturco, e ancora, Vittorio Emanuele Orlando, Luigi Rava, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Guido De Ruggiero, Antonio Segni, Gaetano Martino hanno nobilitato, per molti versi, la nostra pubblica istruzione.
Ministri del PD, Indipendenti, 5Stelle, Lega e Forza Italia succedutosi nell’ultimo ventennio, con devastanti innovazioni e riforme, ad alcune hanno abbinato, per i posteri, il proprio nome, hanno contribuito alla decadenza didattica e formativa, riducendo l’autorevolezza della scuola a un ricordo per i nostri vecchi.
Colpi ben assestati furono portati da due ministre, oggi considerate statiste di livello: Moratti 2001-2006, nel 2004 con la sua riforma, oltre a ingolfare di burocrazia gli istituti scolastici, rivisitò i programmi di storia e geografia decretando, in effetti, la scomparsa dell’insegnamento di quest’ultima. Con la riforma del 2010, della collega di area politica Gelmini 2008-2011, anche l’insegnamento della storia fu penalizzato con l’avvento della geostoria. La stessa ministra, con la finanziaria del 2008 già aveva contribuito al taglio di nove miliardi per “istruzione e università”.
Sarebbe ridondante continuare a evidenziare le responsabilità della politica sulla decadenza della scuola, non manchiamo di rispetto alla mitica casalinga di Voghera e all’universalmente noto maggiordomo Battista se intravvediamo un parallelismo di ruoli con ministre e ministri dell’Istruzione del trascorso ventennio.
In effetti, stravaganze didattiche, confusione di ruoli, svilimento dell’insegnamento e tant’altro sono il risultato della cultura e degli indirizzi di un globalismo proteso a resettare le fondamenta del vivere, specialmente di quello occidentale.
Siamo all’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile che al paragrafo 10.3 prevede: Garantire a tutti pari opportunità e ridurre le disuguaglianze di risultato, anche attraverso l’eliminazione di leggi, di politiche e di pratiche discriminatorie, e la promozione di adeguate leggi, politiche e azioni in questo senso. La scuola italiana su questo è all’avanguardia alla maturità promoviamo il 99,9% dei candidati, la disuguaglianza è azzerata.
Al 4.7 si legge: Entro il 2030, assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l’educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l’uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.
Ecco le competenze trasversali. Storia, Geografia, Filosofia e il resto del vecchio armamentario didattico sono ancora utili? Crediamo di no! L’Occidente e il liberalismo sono ormai prigionieri della gnosi del mondialismo.
Negli USA è già avanti la semplificazione dell’insegnamento, nell’Oregon, a seguito di una campagna patrocinata da George Soros e dalla Fondazione Ford, grammatica e matematica non hanno più rilevanza valutativa. Visioni e progetti della finanza planetaria, che trova il suo hub nel World Economic Forum di Davos, trovano ampio spazio nell’emarginare la cultura umanistica in occidente. In Spagna, lo scorso marzo il governo socialista, con la benevolenza dei popolari, ha abolito lo studio di storia e filosofia nelle scuole superiori sostituendole con ragionamenti su tematiche d’attualità.
E’ evidente che la destrutturazione della scuola accomuna sinistra e destra nello stesso livello d’incapacità e incoscienza nella convinzione che scelte postmoderniste possano arrestare e risolvere la profonda decadenza del moloch scuola. Purtroppo dal 25 settembre, chiunque occuperà la poltrona di viale Trastevere, non determinerà alcuna inversione rispetto a un’istruzione altermoderna in cui la cognizione per specifiche materie tradizionali non avrà più senso e la stessa politica non avrà interesse ad affrontare l’avanzata di un procurato analfabetismo.
L’Occidente dovrà, allora, ripensare ai contenuti di espressioni quali merito, competenza e di tutto ciò che abbiamo inteso come sapere.
Questo riguarderà il futuro, oggi incameriamo l’informazione di uno studente del liceo Tasso di Salerno: Abbiamo un’assemblea d’istituto al mese per un totale di 10 giorni l’anno, 6 giorni per la settimana autogestita. Tra gite, assemblee straordinarie, scioperi istituzionali per la riforma scolastica, per il clima e quelli non programmabili, ancora una ventina. Come tutti i lavoratori anche noi studenti abbiamo l’esigenza di avere più tempo libero.
Pura formalità la legge che prevede minimo 200 giorni d’insegnamento considerando che al massimo si riducono intorno a 160.
Ha ragione il giovane liceale, il liceo Tasso, un tempo attraente tempio del sapere, oggi è fabbrica e laboratorio di un faticoso e forse inutile apprendimento.
Altro che il cinese Gaokao.
* Direttore Società Libera