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In Veneto arriva un percorso diagnostico specifico per eliminare l’Epatite C tra i tossicodipendenti
Presentato al corso di formazione ECM nell’ambito del progetto Hand

Venezia – Il Veneto è la prima Regione in Italia dove è stato elaborato un Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) dedicato ai tossicodipendenti positivi all’epatite C, che prevede anche lo screening dei soggetti che non fanno riferimento ad alcun Ser.D. Lo spiega Felice Nava, direttore dell’Unità operativa tutela salute delle persone con limitazione delle libertà, durante il corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo incondizionato di AbbVie.

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Il corso, dal titolo ‘Il ruolo dei Ser.D. nei percorsi facilitati di point of care per il trattamento dell’Hcv nei consumatori di sostanze – Best practice ed esperienze a confronto sul territorio del Veneto orientale‘, si è tenuto Mestre e rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane. Grazie al Fondo nazionale, che prevede lo screening gratuito di tutti i soggetti nella coorte 1969-1989, dei tossicodipendenti e dei carcerati, sono stati destinati al Veneto ben sei milioni di euro per l’acquisto dei test necessari. “Al momento la gara per l’acquisto è in corso e i test arriveranno nei prossimi mesi”, spiega Nava. Intanto, lo screening è già iniziato e, ad esempio, “nel 2021 è stato testato circa il 17% dei soggetti afferenti a un Ser.D. e di questi il 15% è risultato positivo all’HCV”, rileva Nava.

Certo è che “l’incidenza della positività tra i tossicodipendenti è più elevata che nella popolazione generale, ma è dimostrato da studi scientifici che un adeguato trattamento di questo tipo di popolazione -che noi riteniamo una popolazione speciale- ha un‘importante ricaduta su tutto il fenomeno dell’epatite C nella società che si riduce in maniera significativa”, interviene Sandro Panese, direttore dell’Unità operativa complessa malattie infettive della Ulss 3 Serenissima. Del resto, chiarisce nel suo intervento Alfredo Alberti, professore ordinario di gastroenterologia all’Università degli Studi di Padova, le cure disponibili rendono ipoteticamente possibile debellare l’epatite C ed è quindi fondamentale puntare su screening e presa in carico dei soggetti positivi.

E qui entra in campo il Pdta del Veneto, che prevede una “procedura codificata” che si basa sulla “collaborazione stretta tra specialisti del Ser.D. e specialisti in HCV, quindi infettivologi e patologi”, torna a spiegare Nava. Il Pdta “ci permette di costruire dei piani di cura che non prevedono di spostare il paziente dal Ser.D. e di fare in modo che sia la stessa equipe che lo ha in gestione a occuparsi dello screening e poi, in caso di positività, del trattamento per l’epatite C e del follow up”. Per questo “è importante allineare gli specialisti e le equipe in modo tale che si creino tutti i presupposti per poter lavorare in maniera integrata e sviluppare percorsi facilitati”. Nella pratica, gli specialisti del Ser.D. effettuano lo screening e in caso di positività si confrontano con gli specialisti in HCV. Al netto dei casi particolarmente complicati, in cui il paziente presenta ad esempio comorbilità, “gli specialisti del Ser.D. gestiscono poi tutto il percorso, confrontandosi con lo specialista in HCV che interviene da remoto”, chiarisce Nava.

La permanenza dei soggetti all’interno dei Ser.D. è particolarmente importante in quanto si limita il rischio di dispersione, decisamente alto data la natura dei pazienti, e consente di tenere conto delle loro necessità. “I pazienti afferenti ai Ser.D. positivi all’HCV hanno delle caratteristiche che li rendono particolari e che richiedono una specifica attenzione sia per quanto riguarda gli step di approccio, di diagnostica, e di stadiazione della loro malattia, che per la terapia e il follow up. In tutte queste fasi è richiesta particolare attenzione alla loro dimensione all’interno dei Ser.D. affinché siano coperte tutte le loro necessità e il trattamento arrivi a conclusione in maniera proficua”, spiega Panese, che sottolinea l’importanza della collaborazione tra le diverse strutture sanitarie, necessario anche alla luce del fatto che “spesso le sostanze usate e il consumo di alcol rendono gli effetti del virus ancora più impattanti”.
Di epatite C e del Pdta Veneto si parlerà nuovamente nel prossimo evento di formazione Ecm, promosso nell’ambito del progetto HAND, dedicato al Veneto Occidentale e previsto a Verona il prossimo 23 novembre.

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