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Gli Orienti raccontano uno scrittore nella vita di Pierfranco Bruni a Cosenza lunedì 10 ottobre

Miriam Katiaka

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L’Oriente è il canto letterario,  e direi anche umano, che ha attraversato e attraversa la scrittura di Pierfranco Bruni. Il recente romanzo  di Pierfranco Bruni “Al canto del Muezzin”, con prefazione di Admira  Brahja dell’università di Scutari, pubblicato nel 2022, da Pellegrini editore per i 70 anni della Casa editrice, credo che sia il terzo o, se si  vuole bibliograficamente più  a curati, addirittura il quinto romanzo con il quale (sarebbe meglio dire con i quali) il mondo orientale costituisce un ascolto e un colloquio con sensazioni, sentimenti, emozioni, percezioni e geografie antropologiche che costituiscono le vere voci narranti di un essere dentro una letteratura delle memorie.

I luoghi si intrecciano con i personaggi, i quali hanno la rappresentatività onirica e misteriosa. Il fascino del mistero è la recita che si rintraccia in “La pietra d’Oriente” del 2015 che nasce già nel dialogo di un romanzo in versi affascinante e mistico come “Asmà e Shadi” del 2013. In questo si respira  religiosamente il vento del “Cantico dei Cantici”. Un linguaggio metafora, come,  d’altronde  in tutti i suoi scritti, che si inquadrano in uno spazio metafisico la cui visione mistica, appunto, è data dal dialogo tra due amanti arabi che si raccontano raccontando non solo il loro amore ma l’amore.

Ne “Il Canto del Muezzin” i personaggi ritornano con i nomi di Garcia e Sarashil e il loro incontro è sempre un incontrarsi senza appuntamento. Il segreto e il mistero sono nella piazza dell’anima. In quella piazza in cui Pierfranco Bruni colloca lo sciamano del terzo romanzo dal titolo “Che il dio del sole sia con te” del 2013, che era apparso, comunque, già nel romanzo del 2011 dal titolo “La  bicicletta mio padre”. Sembra assente qui l’Oriente ma costituisce, ancora una volta, una chiave di lettura fondante pur attraverso il viaggio sciamanico, e la figura dello sciamano, ma i personaggi sono una dimensione empatica con i Kabir, Sarashil, Asmà, Shiadi, le principesse e il narrato della fiaba che si trova in “Il sortilegio della speranza” del 2019, edito, questo, da Tabula Fati, mentre i precedenti hanno visto la luce con le edizioni Pellegrini).

Qui, “Il sortilegio  della speranza”,  la favola, la fiaba e la leggenda si intrecciano e il contesto degli Orienti, come Bruni ama dire, è un sublime in un cerchio magico in cui alchimia e profezia sono voci narranti anche nelle danze delle principesse armene. La favola armena che campeggia in questo libro, le sirene  e il cappellaio magico sono una fantasia tra l’onirico e il magico.

La storia che si evince nell’ultimo libro, “Al canto del Muezzin”, 2022, è un attraversare, grazie a sguardi, intese, attese, dei destini che i due personaggi vivono tra viaggi. Da Tunisi all’Albania nei luoghi più emblematici di questi Orienti: le medine, le moschee, il mare, il deserto. Nei romanzi del 2013, del 2015 e del 2022, comunque l’itinerario si compie al suono e alle luci del Mediterraneo con le donne velate e le danze dei dervisci  sotto la luna. Amanti che si conoscono, si perdono e si ritrovano in nome sempre del fascino di un amore che diventa mito.

Come nella storia destino di Garcia e Sarashil che ascoltano il canto del Muezzin come richiamo non solo orante ma sensuale.
Soltanto uno scrittore, un uono, che ha conosciuto quelle terre geografiche e umane, emozionali e percettive, poteva scrivere un romanzo in cui l’amore è sempre salvezza.

Dice bene nell’ottimo scritto Admira Brahja dedicato al Bruni de “Al canto del Muezzin”: “L’autore si serve del ricordo e della nostalgia per proseguire la storia nella città di Roma in un dialogare tra Sarashil e Garcia sulle note della magia e del destino senza darsi un appuntamento. I due protagonisti si trovano a cavallo tra due culture: Sarashil che non si stacca dalle radici e Garcia che con le sue memorie racconta il suo amore dall’’Occidente che parla d’Oriente”.  Compiono due viaggi diversi dentro il loro amore […] Io sono partito dall’Oriente per attraversare l’Occidente convinto di vivere l’Oriente come un porto sicuro. Tu invece hai compiuto il viaggio inverso[…] . Sono queste le parole di Garcia rivolte a Sarashil.  È così che si distaccano i due protagonisti per lasciare spazio alle riflessioni dell’io narrante. […] Se non sono fantasia e incontro cosa resta di quell’ Oriente che penetra l’Occidente? […].
Verità o finzione? Comunque una storia d’amore che regge sul filo della contraddizione. Sarashil si recca a Mecca e Garcia le scrive dicendole di non avere consapevolezza né storica e né religiosa per seguirla definendosi un eretico. In queste riflessioni rivolte a Sarashil senza pretendere una risposta da parte sua si crea l’impressione che questa storia trovi conclusione, tra verità e finzione, tra Oriente ed Occidente in una profezia, nel destino di un incontro tra Roma e Tunisi”.

Oriente ed Occidente sono il parametro fondante che guida la scrittura di Pierfranco Bruni in tutta la sua opera. Sia in quella poetico e narrativa che in quello letterario – filosofica. Questi tasselli formano il mosaico metafisico di questo suo ultimo romanzo, che, ora possiamo definirlo, si incentra, per restare “scientificamente” ad un dato ispirato e ispiriativo, ad un lavoro triangolare, la trilogia vera e propria, costituita dai libri del 2013, 2015, 2022. Si andrà oltre in questo suo mondo degli Irienti? Non lo so ma credo di sì. Si vedrà.

Nell’ultima pagina del romanzo si legge: “La storia è impastata con bugie. Il silenzio è una fede e bisogna essere dei devoti. Il sortilegio della speranza mi fa sempre compagnia anche quando resto sul davanzale delle parole. Sono stato sempre libero e nulla più mi turba.
Porto gli occhiali scuri per trafiggere la luce con il buio e per percepire oltre la luce stessa il sottosuolo dello sguardo.
È la luna di mezzo ad avere il riflesso della luce che si irradia sullo specchio del cielo.
Il mistero è uno specchio nel cuore del Tempio”. Ecco. Si vedrà cosa accadrà oltre la luna di mezzo.

“Al canto del Muezzin” sarà presentato a Cosenza in anteprima nazionale lunedì 10 ottobre alle ore 18.00 dell’eleganza del Salotto Pellegrini in un dialogo tra l’autore e Gabriella Coscarelli e Antonietta Cozza.

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