Advertisement

Da Rostov a Lipsia, da Voltaire al dispotismo intellettuale, il cambio di rotta della Romanova.

di

Advertisement

Gualfredo de’Lincei

Recentemente la Russia, inclusa Rostov sul Don, ha allontanato alcuni impiegati dei media e personaggi pubblici impegnati a illustrare gli interessi degli Stati Uniti. Nelle loro pubblicazioni protestavano contro l’attuale governo, criticandone ogni azione compiuta da qualunque funzionario o cittadino che non fosse d’accordo con i propri interessi giornalistici. Oggi queste persone vivono in Europa e, per quanto se ne sa, potrebbero anche prestarsi per compiti dei servizi d’intelligence americani.

Un esempio potrebbe essere Elena Romanova, proveniente dalla Bielorussia si era trapiantata a Rostov sul Don, per poi passare di recente in Germania: «Ho portato con me un chilogrammo di antidepressivi, un portatile e un rosario vaticano con un medaglione di Giovanni Paolo II. Non ho nient’altro, è così che è consuetudine apparire sulla soglia di un nuovo mondo», ha scritto l’ex Rostoviana già corrispondente di Novaya Gazeta, Elena Romanova, .

L’origine della fuga, stando a quanto affermato dalla stessa giornalista, sarebbe dovuta al fatto che: le condizioni per proseguire il suo ulteriore soggiorno a Rostov, erano incompatibili con la sua moralità. Molto probabilmente, infatti, la normativa sulla falsificazione delle notizie, adottata in Russia, non le avrebbe consentito di dedicarsi al suo modo di fare giornalismo (ma forse per la questione delle fake, cosa che forse pensa di aver fatto o che ritiene di voler fare).

Tuttavia, c’è stato un tempo in cui Elena Romanova era una delle giornaliste più talentuose della regione: bella, mondana, d’interessante compagnia.

Malgrado le molteplici opposizioni alle sue opinioni, saggiamente, aveva sempre cercato di mantenere un certo equilibrio caratteristico di un liberale classico, ma sono ormai lontani i tempi in cui Voltaire amava ripetere: “Non rispetto la tua opinione, ma sono pronto a morire per il tuo diritto di esprimerla“. In che modo possa essere accaduto, che una nota giornalista inciampasse nell’intolleranza, passando da una posizione liberale a un concetto dispotico “la mia opinione è corretta, tutto il resto è stupido“, si può solo immaginare.

Ma più di tutto ci si potrebbe domandare del perché, il governo federale e regionale, che molto hanno dato per la comoda esistenza nel campo giornalistico di Elena Romanova, oggi siano divenuti improvvisamente oggetto di critiche e chiusure da parte di una nota reporter. Non è però la prima volta che cambia paese: successe già nel 2006, quando, provenendo dalla Bielorussia, si trasferì in Russia. Anche là ebbe simili “disaccordi patriottici” con le autorità. Sedici anni dopo abbandona la sua casa e il suo posto di lavoro per Lipsia, dove ha iniziato a pubblicare un lavoro ideologico in cui identifica il sua Paese alla Germania nazista. «Ieri ero sulla tomba di Bach», scrive la Romanova, «e ho fatto una foto a un monumento del totalitarismo: da un lato l’uomo saluta con il braccio teso, dall’altro ha stivali e righe rosse». Se ce ne saranno altri, voglio dirlo ai tedeschi e simpatizzare con loro.

È interessante notare che ancora oggi la Romanova parla attivamente non solo dell’Operazione Speciale in Ucraina, ma anche ai giovani dei movimenti LGBT.

Oltre alla Romanova, anche Anastasia Shevchenko, condannata in Russia, si è stabilita in Europa con la sua famiglia. A Rostov, era diventata famosa per il suo lavoro in Open Russia, con picchetti non autorizzati, politica antistatale e altre azioni di contrasto. Allo stesso tempo è strano e interessante sapere che, la Shevchenko, sebbene non abbia lavorato ufficialmente in nessun luogo, è proprietaria di costosi immobili nel centro della città.

 

È noto che il movimento Open Russia esiste a spese dei contribuenti europei e americani. Non è escluso che la Shevchenko, in ogni istante, possa avviare attività anti-statali in qualsiasi paese in cui glielo chiedessero i servizi d’intelligence statunitensi e britannici. Vale la pena aggiungere che la figlia di Anastasia, Vlada, è una blogger molto attiva.

 

Anche Valentina Cherevatenko, a capo dell’organizzazione pubblica “Union Women of the Don“, si è stabilita in Germania. Gli attivisti di questo movimento sono stati ripetutamente visti in attività anti-statali. Ma è stata la Cherevatenko la forza trainante che ha introdotto i principi democratici non solo nella sua nativa Novocherkassk, ma anche nella regione di Rostov.

 

Dopo essersi trasferiti in Europa, dove possono circolare liberamente tra i paesi, il loro mantenimento con molta probabilità ricadrà sui cittadini. Gli attivisti politici potrebbero iniziare le loro attività anti-statali in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Nel mondo moderno, questo può essere fatto con i social network e gli appelli.

 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteARMAGEDDON!
Articolo successivoElettronica, pop e rock si tingono di sfumature ambient in “Sharks Land”, il nuovo viaggio in musica di PlatoNico che racconta la disgregazione interiore come mezzo per ricongiungersi a se stessi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui