Lasciatemi dire qualcosa di Schopenhauer, un filosofo che per altro molto piacque ai religiosi che in lui vedevano un “giudicatore del creato”, un moralista che sapeva distinguere fra bene e male, che conosceva il significato di raggiungere un traguardo: “.. se uno correndo tutto i giorno, giunge a sera, può dirsi soddisfatto. Ebbene, ora ce l’ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa l’alba della mia fama” (Senilia pag. 84 del manoscritto originale del 1856).
Egli si definiva nelle sue memorie uno “sprezza-uomini” uno che disprezzava la stupidità umana apprezzando per contro la sua intelligenza personale.
Questo orgoglio intellettuale separativo è sicuramente poco “laico” ed infatti la sua “arte di conoscere se stessi” è tutta rivolta alla conoscenza della “persona” come entità avulsa dal contesto, un’individualità “prescelta”, evidentemente da dio. E questo atteggiamento piacque molto ai dottori della chiesa che -anch’essi- si sentono “benedetti” e privilegiati e protetti per la loro fede in dio (per altro cieca).
Ma dal punto di vista della realtà assoluta sia la persona che la creazione possono manifestarsi “progressivamente” solo nell’ambito della durata, essendo il concetto dell’esistenza spazio temporale puramente figurativo, non ha cioè vera sostanza essendo un configurarsi di eventi costruiti e proiettati nella mente.
Perciò nella visione della assoluta Esistenza-Coscienza la persona e la creazione “appaiono” simultaneamente all’osservatore (il Sé) rivelandosi nello svolgimento apparente dello scorrere del tempo nello spazio. La manifestazione è di fatto un semplice riflesso nella mente del percepiente che riesce a captarla ed elaborarla “fermando” il fotogramma, passo dopo passo nella coscienza.
Quel singolo fotogramma (persona e creazione) è in realtà una forma momentanea, all’interno della totale manifestazione, che -sia pur sempre presente nella sua interezza assoluta- viene illuminata dalla coscienza individuale, vista con l’occhio nella mente e srotolata nel contesto denominato “processo del divenire”.
Da ciò se ne deduce che la descrizione di una persona e dei suoi ipotetici risultati è relativa ed illusoria tanto quanto la visione “creazionista” (in quanto emanazione di un dio separato). Con buona pace del filosofo Schopenhauer e di tutti i preti suoi estimatori.
Paolo D’Arpini
Fonte: https://bioregionalismo.blogspot.com/2022/12/i-religiosi-schopenhauer-e-la.html
English text
Let me say something about Schopenhauer, a philosopher who, moreover, was greatly appreciated by the religious who saw in him a “judger of creation”, a moralist who knew how to distinguish between good and evil, who knew the meaning of reaching a goal: “.. if one running all day, arriving in the evening, he can be said to be satisfied. Well, now I’ve done it, the twilight of my life becomes the dawn of my fame” (Senilia page 84 of the original manuscript of 1856).
He described himself in his memoirs as a “despiser of men” one who despised human stupidity while appreciating his personal intelligence.
This separative intellectual pride is certainly not very “lay” and in fact its “art of knowing oneself” is entirely aimed at the knowledge of the “person” as an entity detached from the context, an individuality “chosen”, evidently by God. And this attitude was very pleasing to the doctors of the church who – they too – feel “blessed” and privileged and protected for their faith in God (moreover blind).
But from the point of view of absolute reality both the person and the creation can manifest themselves “progressively” only in the context of duration, being the concept of purely figurative space-time existence, that is, it has no real substance being a configuration of constructed and projected events in the mind.
Therefore in the vision of the absolute Existence-Consciousness the person and the creation “appear” simultaneously to the observer (the Self) revealing themselves in the apparent unfolding of the passage of time in space. The manifestation is in fact a simple reflection in the mind of the perceiver who manages to capture and process it by “stopping” the frame, step by step in consciousness.
That single frame (person and creation) is actually a momentary form, within the total manifestation, which -although always present in its absolute entirety- is illuminated by the individual consciousness, seen with the eye in the mind and unrolled in the context called the “process of becoming”.
From this it can be deduced that the description of a person and his hypothetical results is as relative and illusory as the “creationist” vision (as an emanation of a separate god). With all due respect to the philosopher Schopenhauer and all the priests who admire him.
Paul D’Arpini