Una recente pubblicazione scientifica pubblicata su “Open Science”, intitolata “Influenza neoplatonica e proporzione divina in Leonardo da Vinci” ha finalmente svelato i segreti di una delle opere più emblematiche del genio toscano.”L’Ultima Cena”, questo affresco realizzato tra il 1494/1498, per il refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano alla fine del XIV secolo, ha da tempo fatto nascere molte ipotesi. Grazie alla formidabile ricerca svolta dall’esperta Annalisa Di Maria, specialista in Leonardo da Vinci e nel Neoplatonismo fiorentino e membro esecutivo del Club Unesco di Firenze, la dottoressa Nathalie Popis, specialista nell’importanza della matematica nella filosofia antica, e supervisionata dal Professore Emerito Jean -Charles Pomerol, che ha presieduto l’UMPC e il comitato scientifico del CNRS, il mistero è finalmente risolto e fa luce sulla vastità e profondità della mente di Leonardo.
Leonardo da Vinci, appassionato scienziato, considerato l’artista ideale del Rinascimento, fu uno dei più illustri rappresentanti del Neoplatonismo. La sua vicinanza agli accademici gli permetteva di avere un accesso privilegiato ai testi antichi da cui traeva ispirazione. Il Rinascimento fu un periodo di grandi cambiamenti culturali dove il riferimento alla cultura antica occupò un posto predominante.
L’Accademia neoplatonica di Firenze ha svolto un ruolo essenziale nello sviluppo filosofico e artistico della Toscana durante il Rinascimento. Questo movimento artistico, culturale e religioso si basava in parte sul pensiero del filosofo Platone e della sua scuola ateniese.
Il leitmotiv di tutta la tradizione platonica, rimasta rilevante durante il Rinascimento, era quello di spiegare la reale organizzazione del mondo. Il filosofo Platone sosteneva che “Dio è la misura di tutte le cose”, rendendolo sia l’essere più misurato che la misura a cui l’uomo deve conformarsi. Dio che rappresenta l’unità era quindi la causa di tutto ciò che ci circonda. Per Plotino, filosofo e fondatore del neoplatonismo, era quindi necessario ammettere un legame tra tutti gli esseri provenienti tutti dalla stessa unità che sarebbe stata divina.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, di incredibile bellezza, testimonia questo pensiero. Oltre all’uso della dotta geometria, il neoplatonismo si incarna nella figura degli apostoli che mutuano i loro volti da illustri saggi dell’antichità. Quest’opera rappresenta l’unione del platonismo e del cristianesimo, uno dei precetti del neoplatonismo. Seduti a tavola ad ascoltare il Cristo che simboleggia “Il logos”, considerato, nella filosofia platonica, la ragione del mondo e la spiegazione della creazione dell’universo, Pitagora, Talete, Marc Aurèle si invitano mutuando l’identità di apostoli.
Leonardo, accanto al suo discepolo “Salaï” e a Francesco Giamberti che considerava un Maestro e che utilizzò molte volte come modello e in particolare due volte nell’Ultima Cena, partecipa a questa alleanza e a questa comunione spirituale. In omaggio al loro contributo sono presenti anche D’Oggiono e Boltraffio, due discepoli di Leonardo che parteciparono all’elaborazione dell’Ultima Cena. Apostoli, sapienti, ma soprattutto uomini provenienti nella loro molteplicità da una comune unità che sarebbe Dio.
L’Ultima Cena, oltre a rappresentare questo desiderio di riconciliare platonismo e cristianesimo, condivide l’unità e l’amore incondizionato che Dio ha per l’umanità. Leonardo in quest’opera di grande bellezza, si avvicina al divino. Questa impronta del suo profondo pensiero spirituale trascende il tempo e immortala un soffio di speranza umanista. L’immensità di questo genio ci lascia senza parole e queste scoperte fatte dagli studiosi stanno scuotendo il mondo dell’arte e portando un’apertura alla coscienza dell’anima dove la scienza e l’arte erano un tempo affini alla conoscenza del divino.