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Milano, 22 marzo 2023 –  Il 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU, questa ricorrenza rappresenta un’occasione importante per richiamare l’attenzione sui diritti delle persone affette da DSA e sensibilizzare alla comprensione e accettazione delle neurodiversità.

Un po’ di storia: da Bleuler al DSM-5

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La parola autismo deriva dal greco autús che significa “se stesso”. Il termine fu coniato nel 1911 dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler per designare un sintomo comportamentale, caratteristico di alcune fasi della schizofrenia, che consiste nel ripiegamento su sé stessi e nella perdita di contatto col mondo circostante.

È però solo dal 1943, grazie ai pediatri Kanner e Asperger, che se ne ha un’analisi più dettagliata e completa: il disturbo viene definito Autismo Precoce Infantile e identificato per la prima volta come una sindrome a sé, separata dal gruppo delle schizofrenie e, quindi, con qualità e caratteristiche proprie.

Con gli anni Settanta si intensificano gli studi sul tema, fino al riconoscimento ufficiale, nel 1980, della diagnosi di Autismo Infantile all’interno del DSM-3, ovvero la terza edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, la principale risorsa per la diagnosi delle patologie di salute mentale.

La definizione riportata dal DSM-3 risulta, tuttavia, problematica in quanto si concentra esclusivamente sulla condizione infantile e non riconosce la persistenza delle difficoltà per tutto il percorso di sviluppo dell’individuo.

Nel 1994 la questione viene rivista e nel DSM-4 l’autismo è catalogato tra i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Si comprende, infatti, che non si tratti di una patologia pediatrica con una possibile risoluzione, bensì di un disturbo pervasivo dello sviluppo destinato, nella maggior parte dei casi, a condizionare l’intero arco di vita dei soggetti che ne sono affetti.

Infine, nel 2013 viene redatto il nuovo DSM-5 in cui l’autismo è inquadrato secondo un nuovo orientamento diagnostico che, oltre a sostituire l’espressione Disturbi Pervasivi dello Sviluppo con il termine Disturbi dello Spettro dell’Autismo (DSA), elimina anche la presenza dei differenti sottotipi o forme di autismo. Da questo momento, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo non altrimenti specificato, il disturbo disintegrativo e la sindrome di Rett vengono inglobati all’interno della categoria dei DSA.

Questa nuova dicitura è una vera e propria rivoluzione nella metodologia della diagnosi, che da “categoriale” diventa “dimensionale” considerando i sintomi in base al livello di intensità e gravità all’interno di un continuum.

 

 

Autismo: cos’è e come si manifesta?

L’autismo, o meglio DSA, è un disturbo del neurosviluppo che coinvolge principalmente linguaggio e comunicazione, e ha conseguenze sull’interazione sociale, sugli interessi – spesso ristretti – e sui comportamenti – di frequente ripetitivi. Si utilizza il termine spettro per mostrare l’enorme variabilità dei quadri sintomatologici che si possono presentare all’interno di questa categoria diagnostica. Inoltre, si possono trovare forme di DSA sia in individui con difficoltà cognitive e intellettive che in persone normodotate o, persino, con capacità intellettive superiori.

 

I criteri diagnostici del disturbo dello spettro autistico riportati nel DSM-5 sono: “deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale” e “pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi”.

 

Il primo si manifesta in molteplici contesti ed è caratterizzato dalla presenza in contemporanea di tre condizioni:

  • deficit della reciprocità socio-emotiva
  • deficit nel comportamento comunicativo non verbale
  • deficit dello sviluppo, gestione e comprensione delle relazioni

 

Il secondo può essere ravvisato, invece, quando si manifestano almeno due dei seguenti comportamenti:

  • movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati e ripetitivi
  • interessi limitati, fissi e anomali per intensità e profondità
  • insistenza nella sameness: aderenza a una routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale
  • iper o ipoattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente

 

Per ciò che concerne invece le cause dell’autismo, queste risultano a oggi ancora sconosciute, anche se i ricercatori concordano nell’affermare che, con molta probabilità, i disturbi dello spettro autistico siano dovuti a fattori neurobiologici, costituzionali e psicoambientali acquisiti.

 

 

Incidenza del disturbo dello spettro autistico nei bambini e negli adulti.

Il disturbo dello spettro autistico colpisce oltre l’1% della popolazione mondiale.

Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, si stima invece che in Italia il tasso di incidenza nei bambini tra i 7 e i 9 anni sia di 1 su 77, con una frequenza 4,4 volte maggiore nei maschi.

Sebbene il termine autismo sia stato introdotto per descrivere un disturbo presente e diagnosticabile principalmente nei bambini, gli esperti sono ora concordi che l’autismo non si limiti all’età evolutiva, ma sia una condizione permanente, che si protrae durante l’intero arco di vita della persona. Da ciò si può dedurre che il tasso di diffusione del DSA nella popolazione adulta non sia molto dissimile rispetto a quello registrato tra i bambini.

 

 

Nella foto: la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, 

Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo

 

Autismo: sintomi e diagnosi nell’adulto.

L’autismo può insorgere in età adulta? Il DSA è, per definizione, un disturbo del neurosviluppo e non è quindi possibile “diventare” autistici da adulti. Di solito il disturbo dello spettro autistico viene diagnosticato già durante l’infanzia ed evolve con la persona in modo peculiare; tuttavia, l’accertamento della presenza di DSA può avvenire anche in età adulta. Sono infatti molti i bambini, soprattutto coloro che manifestano i sintomi in forma lieve, che crescono e diventano adulti senza che venga mai diagnosticato loro l’autismo. Generalmente gli adulti autistici che non hanno altri deficit associati, si accostano alla diagnosi perché in cerca di spiegazioni rispetto ad alcuni comportamenti non convenzionali. Tra i sintomi del DSA in età adulta si riscontrano: particolari tic, difficoltà a fronteggiare gli imprevisti, fobia sociale, fatica a socializzare, afefobia, attacchi d’ansia, ipersensibilità a stimoli sensoriali e depressione.

 

La Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director del servizio di psicologia online e Società Benefit Unobravo ha commentato: “Quando si parla di autismo si tende a pensare automaticamente ai bambini, dimenticandosi che i disturbi dello spettro autistico sono una condizione che, nella maggior parte dei casi, accompagna l’individuo durante tutto il suo ciclo di vita. Solitamente la diagnosi di DSA avviene nell’infanzia, con la comparsa dei primi sintomi, che tendono a manifestarsi già intorno ai 2-3 anni di vita. In alcuni casi, però, può accadere che i primi segnali arrivino più in là rispetto al periodo precoce dello sviluppo o che, soprattutto nei casi di autismo lieve, questi passino in sordina e vengano, quindi, ignorati. Ciò può portare a una mancata diagnosi in età infantile. Nell’adulto non è semplice avviare un percorso di indagine diagnostica: spesso le caratteristiche sono diverse o meno evidenti, oppure l’individuo ha sviluppato capacità di masking che gli permettono di dare meno visibilità ai sintomi. Può infatti succedere che stereotipie, interessi ristretti e altri elementi tipici della condizione autistica vengano espressi esclusivamente in solitudine e risultino, per questo, poco visibili agli altri. Oltre al masking, molte persone autistiche adulte tendono a mettere in atto strategie compensatorie e meccanismi di coping al fine di celare eventuali difficoltà in pubblico. Questi meccanismi dissimulatori comportano molti sforzi da parte del soggetto autistico e possono, quindi, essere fonte di grande stress. Non è raro inoltre che i sintomi di DSA nell’adulto vengano confusi con diagnosi di altro tipo, come disturbi attentivi e dell’apprendimento, dipendenza da sostanze, disturbo ossessivo compulsivo, psicosi, disturbi di personalità, bipolarismo, disturbi alimentari o depressione. L’autismo risulta più facilmente identificabile se accompagnato da una grave disabilità intellettiva, mentre potrebbe essere complesso da individuare in coloro che presentano livelli di funzionamento più elevati”.

 

 

 

Benefici della diagnosi in età adulta.

L’età adulta è stata per molto tempo trascurata dalla ricerca sui disturbi dello spettro autistico. Per fortuna, negli ultimi anni si sta sviluppando un crescente interesse verso l’autismo negli adulti e oggi, oltre a esserci maggiore consapevolezza, disponiamo anche di più dati, risorse e conoscenze. Sono, inoltre, sempre di più coloro che, sebbene non diagnosticati formalmente con l’autismo da bambini, sospettano di essere affetti da DSA e richiedono di sottoporsi a ulteriori accertamenti in età adulta.

 

A tale proposito, la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris di Unobravo ha dichiarato: “Sebbene iniziare un percorso di valutazione sia una scelta molto coraggiosa, ricevere una diagnosi di DSA, anche in età adulta, offre sicuramente immensi benefici. Può, ad esempio, permettere al soggetto autistico di avere una maggiore comprensione di se stesso e del proprio modo di rapportarsi al mondo, così come portarlo ad acquisire una prospettiva nuova sulla propria infanzia e a guardare alle esperienze passate sotto una luce diversa. Avere una diagnosi formale è per molti un sollievo e un balsamo lenitivo per il senso di inadeguatezza esperito fino a quel momento. Queste sono sensazioni che spesso, purtroppo, accomunano tanti adolescenti e adulti autistici. I soggetti affetti da DSA presentano, infatti, molte difficoltà nell’avere un’esatta percezione dei pensieri, dei sentimenti, del linguaggio non verbale o dei significati sottintesi della comunicazione. Tutto ciò rende estremamente complessa la reciprocità nell’interazione. In alcuni casi, questo senso di inadeguatezza potrebbe tradursi nell’avvicinarsi troppo all’altro oppure, al contrario, in un marcato disagio in risposta al contatto fisico. Un’altra caratteristica ricorrente dello spettro autistico negli adulti è la disregolazione emotiva. I soggetti affetti da DSA trovano difficoltoso regolare le proprie emozioni, così che all’ansia sociale spesso si accompagna la rabbia. Questo non fa che aggravare la situazione, esponendo ancora di più il soggetto ai pericoli della solitudine e dell’isolamento. Tra i falsi miti da sfatare sull’autismo figura sicuramente l’erronea credenza che i soggetti autistici si sentano a proprio agio solo in solitudine e che non siano interessati alla socializzazione. In realtà, spesso vorrebbero creare nuove relazioni, ma trovano delle difficoltà nel farlo. Questi scogli legati alle interazioni sociali possono causare molta sofferenza, soprattutto nel periodo dell’adolescenza durante cui il ragazzo o la ragazza con autismo, come qualsiasi altro adolescente, ha generalmente un maggior interesse a stringere amicizie, integrarsi in un gruppo o instaurare una relazione sentimentale. Oltre ad avere ripercussioni a livello personale e relazionale, l’autismo nell’adolescente e nell’adulto può avere un impatto negativo anche sulla sfera scolastica e lavorativa. Spesso, infatti, il soggetto autistico necessita di routine fisse e prevedibili e si sente spaesato durante i momenti non strutturati, come pause o riunioni in cui manca un ordine del giorno. A questo, in molti casi, si aggiungono scarse capacità comunicative, di problem solving e di giudizio, che portano la persona autistica a essere più a rischio di emarginazione, esclusione e, nei casi più gravi, anche di licenziamento”.

 

“È innegabile che, purtroppo, le persone autistiche si trovino spesso svantaggiate nell’affrontare le varie tappe tipiche della crescita e dell’evoluzione dell’individuo e ciò non può che avere un forte impatto anche sulla Qualità di Vita. Studi recenti hanno messo in luce che solo una minima percentuale di adulti con DSA vive in modo indipendente o semi-indipendente, è sposato o in una relazione sentimentale e ha almeno un amico e un lavoro. L’accertamento del disturbo dello spettro autistico è importante a qualsiasi età proprio perché può aiutare la persona a comprendere meglio le proprie difficoltà e, al contempo, imparare a sfruttare i propri punti di forza, qualità e abilità. Infine, essere consapevoli della propria condizione è indispensabile per poter individuare e richiedere il tipo di supporto esterno di cui si ha bisogno”, ha aggiunto la Dott.ssa Fiorenza Perris.

 

 

I test per l’autismo negli adulti.

Per iniziare un percorso di valutazione e diagnosi di DSA in età adulta è sempre raccomandabile rivolgersi a un professionista della salute mentale, come uno psicologo o psichiatra, specializzato nell’autismo negli adulti.

Le risorse diagnostiche per l’autismo sono diverse, molte di queste si concentrano sull’indagine dei sintomi e dei segnali emersi durante l’infanzia e l’adolescenza. Oltre alla raccolta anamnestica e alla storia di vita, esistono anche dei test di valutazione che possono fornire alcuni validi elementi per riconoscere i disturbi dello spettro autistico da adulti. Uno dei più noti per individuare i tratti autistici è il RAAD-S, che esamina gli ambiti del linguaggio, le capacità senso motorie, gli interessi circoscritti e le abilità sociali. Al RAAD-S si affiancano poi altri test per la diagnosi di autismo lieve nell’adulto: l´Autism Quotient, l´Aspie-Quiz e l’Adult Autism Assessment.

 

 

Autismo negli adulti e terapia.

‍Le linee guida internazionali in materia di Valutazione, diagnosi e interventi per disturbi dello spettro autistico messe a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità evidenziano quanto nel trattamento dell’autismo negli adulti “gli interventi per migliorare l’alfabetizzazione emotiva, la tolleranza al disagio, le capacità di rilassamento o l’adattamento generale potrebbero essere considerati come trattamenti di prima linea”.

 

La terapia cognitivo-comportamentale è sicuramente molto efficace nel trattamento dei sintomi di ansia e depressione, ma di recente sono stati sviluppati protocolli attinenti ai modelli della Schema Therapy e della Terapia Metacognitiva Interpersonale per intervenire sulla salute mentale del paziente, in particolare sul disagio psicologico derivante dalla presenza di schemi comportamentali e cicli interpersonali disfunzionali e sulle strategie di coping, poco proficui per gestire la sofferenza.

 

Talvolta è auspicabile che anche i familiari del soggetto con autismo intraprendano un percorso di psicoterapia. La famiglia, infatti, riveste un ruolo primario perché è il contesto in cui il soggetto con autismo trascorre più tempo e in cui può sperimentare la socialità, l’espressione delle emozioni e il riconoscimento dei legami affettivi. È specialmente consigliabile affidarsi subito a un professionista in seguito all’accertamento della presenza di DSA. Ricevere un supporto esterno può, infatti, facilitare il processo di elaborazione della diagnosi e ciò che questo può comportare nella vita familiare.

 

Oltre alla psicoterapia, nel trattamento dello spettro autistico a volte potrebbe risultare necessario ricorrere all’utilizzo di farmaci, soprattutto nei casi di soggetti che, oltre all’autismo, presentano anche disturbi del sonno o epilessia. Prima di intraprendere una terapia farmacologica, è però fortemente raccomandato, anche dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, di rivolgersi a un medico. Ogni caso di DSA è a sé, per questo è fondamentale che il soggetto autistico abbia sempre la possibilità di confrontarsi con un professionista della salute che possa indirizzarlo nello scegliere la terapia, psicologica o farmacologica, più adatta ai suoi bisogni e guidarlo durante tutta la durata del percorso.

 

“La condizione autistica non è una malattia, ma un modo peculiare di vedere, sentire, vivere il mondo e soprattutto vivere gli altri. Per questo non esiste una cura o un’unica terapia che possa sposarsi alle caratteristiche uniche di ciascun individuo. La psicoterapia cognitivo-comportamentale integrata risulta, però, essere particolarmente efficace nel trattamento del DSA in soggetti adulti in quanto, attraverso alcune tecniche specifiche, permette al paziente di elaborare una maggiore comprensione della propria condizione. Va, inoltre, ad agire sulle difficoltà emotive più profonde, sugli schemi maladattivi precoci e sui cicli interpersonali disfunzionali. Sono numerosi i benefici che la persona affetta da DSA può trarre da un percorso di terapia specifica. Con Unobravo, ad esempio, è possibile svolgere sedute online con terapeuti esperti nel trattamento dei disturbi dell’età evolutiva e dello spettro autistico. Col supporto di un professionista, il soggetto autistico adulto può acquisire maggiore conoscenza e consapevolezza di sé e degli schemi che ne condizionano i comportamenti. La terapia può, inoltre, aiutarlo a migliorare le capacità di decentrarsi, di problem solving e decisionali e a sviluppare la teoria della mente, ovvero l’abilità di capire e prevedere il comportamento sulla base della comprensione degli stati mentali. Infine, intraprendere un percorso psicologico può supportare il paziente nel trovare strategie più efficaci per gestire le emozioni e l’attivazione delle sofferenze. Può anche aiutarlo ad acquisire più consapevolezza nei rapporti con gli altri, permettendogli così di vivere meglio e più serenamente sia la propria sfera personale che quella relazionale”, ha concluso la Dott.ssa Valeria Fiorenza Perris, Psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo.

 

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