Il tempo del religioso nel tragico e la bellezza di Pierfranco Bruni
Marilena Cavallo*
In dialogo con la letteratura russa. Partiamo da questa sottolineatura per addentrarci nel denso viaggio che Pierfranco Bruni ha compiuto tra il tragico e la bellezza con un incipit fondamentale dedicato a Dostoevskij. Uno studio comparato nel quale letteratura, filosofia e antropologia creano un intreccio attraverso una metodologia in cui linguaggi, immagini e racconto creano una combinata fenomenologica.
Un tessuto della fenomenologia della metafisica è il punto luce di un libro che pone a confronto gli scrittori e i poeti russi con Pierfranco Bruni.
Il lavoro dal titolo: “Il tragico e la bellezza. In dialogo con la letteratura russa” nella prestigiosa collana “Athenaeum” dell’elegante editore Marco Solfanelli, porta la Prefazione della giovane esperta in cultura russa Rosaria Scialpi, la quale evidenzia subito che Pierfranco Bruni compie, nel suo “saggio-narrativo” un vero e proprio “viaggio circolare da Dostoevskij a Rozanov”.
Il tema della circolarità, infatti, è la problematica centrale nella simbologia che Pierfranco Bruni mette in evidenza in quasi tutta la sua ricerca letteraria e nel suo pensiero filosofico. Si nota, in modo emblematico, come anche nel suo precedente “Il sottosuolo dei demoni”, sempre edito da Solfanelli, che il dialogo profondo tra letteratura e filosofia è marcante sia nelle meditazioni che nello stile delle comparazioni con gli autori che danno vita al “dialogo”.
Bruni parte, comunque, da una essenzialità formale che è quella del labirinto che, attraversandolo, conduce alla circolarità.
Il labirinto e il cerchio. Una visione formativa che Bruni, conoscitore attento di Mircea Eliade, di Maria Zambrano e di Vintila Horia, focalizza all’interno del pensiero russo e non solo con Dostoevskij e Rozanov, ma con pensatori come Chomjakov e Soloviev o Salamov e poeti come Achamadulina, Brodskij, Pasternak o antropologi come Propp. Si sono voluti menzionare soltanto alcuni nomi e alcuni tratti, ma Bruni va oltre con una forza culturale e una ricchezza inesauribile che non lascia alcun domanda aperta se non alla fine.
È un testo robusto e meticoloso, ma dentro questo libro ci sono anni di studi e di riflessioni, di appunti e conferenze, di annotazioni e riletture. Soprattutto c’è il Pierfranco Bruni pensiero che spazia tra l’Ottocento e tutto il Novecento delle culture slave tra Occidente ed Oriente.
Il mondo cristiano bizantino e ortodosso si confronta con la cattolicità e il modello dell’umanesimo spiritualista proprio mentre si incontra Tolstoj nella sua pedagogia dell’uomo e nel suo misticismo delle confessioni in una contrapposizione con la scuola di Makarenko.
D’altronde il tutto si spiega in un capitolo caposaldo dal titolo: “Il crepuscolo dell’Illuminismo” seguito da una visione zambraniana che è dettata in “La mia negazione nasce dell’aurora”.
Ineccepibile il percorso dell’abitare il linguaggio e il tempo cesellato da un inciso che è quello della presenza di Dante nella cultura russa. E qui si apre una finestra che butta in un corridoio fatto di luci stellate, in cui la teologia e il mistero si dichiarano nella metafora di Ivan Karamazov in un monologo in cui Cristo e l’Inquisitore sembrano somigliarsi in nome della verità.
Certo, si tratta, dunque, di un pensare complesso in cui la dimensione non è sistematica. Ma Pierfranco Bruni è un asistematico e in tutta la sua produzione editoriale e il suo progetto letterario e filosofico questa asistematicità è una chiave di lettura e di riflessione che egli stesso sottolinea. I suoi lavori epistemologici lo confermano a partire dai suoi saggi su Pirandello. Anche qui Pirandello ritorna con una intermittenza riguardante Puskin.
Oltre il tragico bisogna cercare la bellezza. Qui è la sintesi conclusiva che si incastra nelle eleganze. Ci dice alla fine Pierfranco Bruni chiudendo il suo lavoro. Parafrasando proprio Dostoevskij. Ovvero sottolinea: “La bellezza che si veste di tragico e il tragico cerca sempre di abitare la bellezza. Metafisica e fenomenologia. Un paesaggio nel quale la letteratura russa incide il suo mosaico. Nel mio dialogare ci sono vissuti e soprattutto mi sono posto in ascolto”.
Ecco la battuta che circonda il tutto. Bruni si è posto in ascolto osservando la bellezza e il tragico nella bellezza e viceversa. Ma quale bellezza? È l’unico risvolto che lascia al lettore, ma più che un punto di domanda si tratta di una meditazione-metafora che scava in una interiore profezia rivolta alla sua coscienza e al suo “abitare” il tempo della religiosità. Un interrogativo? Forse no. Metafore e meditazioni sono dentro il dialogo anche se il libro si chiude, comunque, con una interpretazione interrogante. È un libro singolare scritto con una unicità fondante come tutto il “navigare” culturale e umano di Pierfranco Bruni.