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L’assessore Paolo Giorgini traccia un bilancio di Approdo: ” Un evento finalmente identitario, riconoscibile. Un patrimonio di idee che appartiene a tutti, opposizione politica compresa”.

 

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Si è conclusa da qualche giorno la terza edizione di Approdo, la rassegna culturale  che da martedì 18 luglio fino a domenica scorsa ha portato in centro storico bellezza, tradizioni, teatro, musica, laboratori.

Mentre si rincorrono ancora sul web le immagini più significative, l’assessore alla Cultura Paolo Giorgini traccia un bilancio della manifestazione e soprattutto ne spiega i tratti che l’hanno resa un’esperienza “unica” nel programma degli eventi estivi.

“A distanza di tre anni dalla prima edizione – sottolinea l’assessore –  la fisionomia di  Approdo sta diventando riconoscibile. Il suo nome infatti, basta da solo ad evocare un concetto ed, insieme, una realtà concreta, entrata a far parte del vissuto del centro storico. Approdo non è più un esperimento, ma una rassegna caratterizzante, e lo è in ogni sua possibile forma: come un’opportunità di riflessione, di svago, di socializzazione, ed anche, volendo, come una discussione o una polemica. Il festival, insomma, sta diventando identitario. Lo dimostrano la consapevolezza, ed il senso di attesa, mostrati dai residenti storici del quartiere. Che l’obiettivo sia stato centrato – prosegue Giorgini – lo testimonia anche l’attenzione, ora alta, di chi, fino allo scorso anno, ci snobbava o ci accusava di scarsa propensione alla cultura . Vanno in questo senso le azzeccate dirette video dell’ex consigliere comunale Pietro Carrozzieri e la partecipazione attenta e costante del capogruppo Franco Arboretti. Non è la strumentalizzazione politica che ci interessa, ma la dimostrazione che davvero Approdo è  oggi un patrimonio ideale di tutti. Ringrazio allora quanti hanno collaborato, il Polo Museale Civico, l’organizzatrice e ideatrice Loredana Iannucci. L’iniziativa “Giulia Fiorita”, la mostra “Abruzzo, d’oro e di terra”, il teatro stabile e di strada, i laboratori tessili tradizionali: tutto parla di un ritrovato senso di condivisione  e di appartenenza, in un discorso  ancora aperto il cui filo non va perso, ma negli anni irrobustito e continuamente riannodato”.

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