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Antonella Montagna, su suo zio Ugo Montagna. 

 

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Antonella Montagna è un’energica e giovanile donna di settantasette anni, nipote di quel marchese Ugo Montagna che negli anni 50 venne coinvolto in quello che è rimasto a tutt’oggi un cold case italiano, la morte della bella Wilma Montesi. Il corpo della giovane donna di appena 21 anni venne rinvenuto nella spiaggia di Capocotta nel lontano 11 aprile del 1953. In seguito al suo ritrovamento scoppiò un vero scandalo che coinvolse l’alta borghesia romana fra festini a luci rosse e droga.

 

Al centro della vicenda con l’accusa di essere coinvolti in quello che è stato uno dei gialli più famosi del dopoguerra, le figure del musicista Piero PiccioniMoneta Caglio soprannominata Cigno Nero per gli abiti scuri che era solita indossare e lo zio di Antonella, Ugo Montagna, il quale si professò sempre innocente. La famiglia nobiliare dei Montagna nasce ad Orvieto ma si stanzia in Sicilia durante il Regno di Napoli. Antonella descrive suo zio come un uomo meraviglioso su cui sono state dette un sacco di falsità, di cui serba ricordi bellissimi e dal quale ha ereditato l’amore per l’arte.

 

Il cinema  e la scrittura sono sempre state la grande passione di Antonella Montagna che ha pubblicato anni fa un romanzo e scritto una pièce teatrale. Antonella sta collaborando con il regista Giuseppe Sciarra (Ikos, Venere è un ragazzo, Fuori le Mura, L’ultima transizione tra memoria e futuro) con il quale stanno scrivendo la sceneggiatura di un lungometraggio – il quale però non parlerà di suo zio – ma di donne. Montagna che in passato ha frequentato il jet set, anche grazie alla sua grande amicizia con l’attrice Ursula Andress, vuole raccontarci con Sciarra l’universo femminile nel bene e nel male.

 

Recentemente sulla sua pagina facebook Antonella ha parlato di Sciarra e di suo zio: “Ebbene sì, Giuseppe Sciarra ed io stiamo scrivendo insieme la sceneggiatura per un lungometraggio. Ebbene sì, sono la nipote del protagonista di un cold case. Fiumi d’inchiostro sono stati versati sulle vite della gente coinvolta. Come detto nell’articolo, sono lontana dal mondo ideologico di mio zio ma rimango vicina a lui con tutto il mio cuore. Perché al di là di ciò che è stato scritto e detto forse da chi aveva interesse, chi per una ragione chi per l’altra, di demonizzare i protagonisti della vicenda, di mio zio io ricordo soltanto la generosità nei confronti degli amici e dei parenti e stento a credere a chi l’ha dipinto come un mostro maschilista. Al contrario, gli uomini della mia famiglia avevano un rispetto che mi appariva perfino eccessivo e demodé nei confronti della donne. Ricordo che lo zio chiamava la madre dei suoi figli “la mia padrona”. E non si riferiva a giochi di ruolo d’altro tipo. Mi voleva bene e lo dimostrava. Tutto il resto non mi interessa”.

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