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IL PUNTO  n. 925 del 19 ottobre 2023

di MARCO ZACCHERA

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Per scrivermi o contattarmi:  marco.zacchera@libero.it

Numeri arretrati de IL PUNTO e altre news:   www.marcozacchera.it

 

AI LETTORI

Nei giorni scorsi ero in OMAN e venerdì scorso non sono riuscito a far partire IL PUNTO. Mi scuso con i lettori e soprattutto con chi mi ha scritto segnalandomi il mancato arrivo. Rientrato, ripropongo il numero scorso – in parte aggiornato – e venerdi 27 ottobre riprenderemo con l’uscita settimanale. Grazie

 

Sommario:  Quello che sta succedendo a Gaza ed è avvenuto nin Israele è terribile e mi sento inadeguato a commentare vedendo tante sofferenze. Al confronto tutte le altre notizie che riprendo su IL PUNTO mi sembrano davvero sciocchezze.

Chi è credente preghi, è l’unica cosa che nel nostro intimo possiamo fare.

 

ODIO

Il mondo sembra saper parlare solo di odio. Quanto odio avevano dentro di sé i terroristi di Hamas che hanno massacrato centinaia di ragazzi israeliani dieci giorni fa, oppure quelli che hanno decapitato i bambini ebrei? E quanto odio è stato sparso, ora e nel tempo, dalla rappresaglie israeliane? Quanto odio avevano in corpo i genitori dei terroristi, trasmettendolo ai loro figli spesso nati o cresciuti da disperati in campi profughi e quanto ne nascerà o crescerà tra le centinaia di migliaia di profughi che cercano di scappare da Gaza dove Hamas detta legge peggio di una mafia, ma dove tantissime persone non c’entrano nulla con i terroristi subendone la presenza?

E come hanno vissuto negli anni gli israeliani figli dei sopravvissuti all’Olocausto, spesso circondati ed attaccati da ogni parte, a partire dal giorno stesso in cui è stato proclamato lo Stato di Israele? Senza parlare dell’odio viscerale che evidentemente aveva in corpo chi sterminava milioni di persone inermi per infami ed assurde leggi razziali.

Ogni volta che si apre poi uno spiraglio di pace (come i recenti “Patti di Abramo” tra Israele ed alcune nazioni arabe) sembra che qualcuno cerchi di soffocarla, di provocare una reaziondel violenta della controparte, di alimentare altre reazioni.

Prendo atto che, nel mondo, il terrorismo islamico è una delle peggiori forme di violenza e ricordo che Hamas e le altre sigle terroristiche non sono però rappresentative della maggioranza dei palestinesi.

Come in ogni conflitto tutti hanno ragioni e torti, purtroppo. Personalmente mi sento profondamente amico di Israele da sempre, capisco le ragioni di tanti amici israeliani, con le loro rabbie ed i loro timori, ma anche che essi stessi comprendono come si debba trovare una qualche soluzione per poter comunque condividere – almeno sopportandosi a vicenda – un pezzo di terra che è di entrambi. I palestinesi non sono tutti complici di Hamas e degli altri gruppi terroristici e i loro bambini soffrono come quelli israeliani, per favore non dimentichiamolo!

L’umanità – che ha tante possibilità di crescere e scoprire meraviglie quando applica scienza ed intelligenza, tanto da poter facilmente rendere migliore la vita per tutti – sembra sia obbligata invece a lasciare sempre dietro di sé anche una lunga scia di odio folle, cieco, assurdo eppure profondamente radicato nel cuori. Dove è il senso di aggiungere lutti a rovine per vendette sempre giustificabili, ma che non risolvono nulla? Eppure l’umanità ha fatto sempre così, spesso distruggendo in pochi istanti la vita, i sacrifici, le opere e perfino i capolavori di tante persone e generando così altra violenza, odio e vendetta tra i sopravvissuti. La vendetta spesso è comprensibile, ma non serve a nulla, è una droga che non risolve e genera sempre altra violenza.

C’è sempre un precedente, una “giustizia” da compiere, una scusa per seminare odio, una motivazione per esacerbare gli animi e chiamare appunto alla vendetta o alla guerra “santa”, in Medio Oriente come ovunque.

Pochi giorni fa era il mio compleanno e – pensando a queste cose – ricordavo bene quando – da bambino – i miei genitori e i miei nonni avevano un timore enorme che tornasse la guerra tra russi ed americani quando una era appena finita con i lutti, le divisioni, la rovina fratricida. Dopo tanti anni nulla è cambiato nel mondo, anzi, sono cresciuti mille focolai di guerra e sono arrivate tante nuove armi micidiali. L’uomo continua ad odiare, non cresce, non ragiona in termini razionali e parla sempre più di vendetta che di pace.

Lo so che sono frasi condivisibili ma senza una loro intrinseca concretezza, eppure sono frasi disperate che, riflettendo, tutti dovrebbero sottoscrivere con l’angoscia intima di riuscire poi a fare però poco o niente, anche solo per cercare di rompere questa spirale infinita.

Cosa volete che contino i fatti che settimanalmente cerco di raccontare in queste pagine davanti ad una umanità che troppo spesso diventa così cieca? Non lo so, tutto mi sembra folle ed assurdo, stiamo per lasciare un mondo peggiore di quello che ci ha accolto e dove i più deboli, di solito innocenti, sono poi quelli che pagano sempre.

Solo la preghiera mi aiuta e sono convinto che la stessa preghiera la recitino in maniera diversa – ma condividendola profondamente – tanti cristiani, ebrei e musulmani. Che il Grande Capo ci ascolti e ci aiuti tutti per evitare un bilancio finale ancor più disastroso per la mia generazione e il mondo intero.

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Approfondimento: NON TUTTI GLI ARABI SONO UGUALI

Come vivono i paesi arabi l’ennesima crisi in Israele? Non tutti i paesi sono uguali, anzi, in politica estera ci sono profonde differenze. Sono stato in questi giorni in Oman, sultanato della penisola Arabica di cui si parla poco e che invece recita da sempre un ruolo importante – anche se discreto – nello scacchiere politico medio-orientale con una sua posizione di tradizionale prudenza.

Monarchia assoluta dal 1971 (prima è stato per lungo tempo un protettorato britannico) l’Oman è un sultanato islamico che per secoli ha vissuto di commerci e traffici (soprattutto con la tratta degli schiavi) e che politicamente è vicino all’Occidente. L’attuale sultano Haitham, al potere dal 2020, ha anche permesso limitate riforme democratiche come la creazione di un parlamento consultivo pur mantenendo di fatto personalmente il potere con peraltro – almeno sembrerebbe – un largo supporto popolare.

Il paese ha avuto un forte sviluppo economico uscendo rapidamente da una situazione di assoluta chiusura verso i paesi occidentali, ma mantiene forti connotati tradizionali.

Per dare un’idea a Nizwa, l’antica capitale del paese cinta tra le montagne del massiccio dell’ Hajar,  a parte la casuale visita di un ufficiale inglese nel 1835, la città era ancora interdetta agli stranieri fino agli anni ’80 del secolo scorso. Un architetto italiano che nel 1985 fu a Nizwa invitato dal governo per compiere rilievi in vista di un restauro delle antiche fortificazioni, Enrico D’Errico, notò nel suo diario di essere l’unico occidentale in città dove la gente viveva come nei secoli precedenti.

In pochi anni il paese è però ora molto migliorato dal punto di vista delle infrastrutture, potete girare comodamente su autostrade modernissime, l’offerta turistica è discreta ed il paese è apparentemente molto sicuro.

Proprio per questa sua apertura lenta ma costante verso l’Occidente vi è molta prudenza nel giudicare il conflitto tra Hamas ed Israele anche se l’appoggio ufficiale ai palestinesi è sincero ed evidente. Sono ammessi tutti i media occidentali e in hotel potete seguire BBC e CNN, ma anche l’unico giornale di Muscat in inglese “Muscat Daily” tende a separare le ragioni palestinesi dalle azioni di Hamas annunciando che l’Oman si è già proposto non solo per aiuti umanitari a Gaza ma anche per sollecitare un “cessate il fuoco” tra le parti.

Non vi sono però mai accenni particolarmente violenti contro Israele che si colgono invece, per esempio, dalla TV iraniana visibile ovunque (l’Iran è a poche decine di chilometri di distanza, appena al di là dello stretto di Hormuz) e che dedica tutto il suo Tg internazionale in lingua inglese ad una furibonda campagna anti-israeliana, mostrando le piazze europee con le manifestazioni pro-Palestina. In argomento i pochi omaniti che, visibilmente imbarazzati, affrontano in privato il problema non escono da posizioni “ufficiali” sottolineando come Israele debba risolvere il problema senza ricorrere alla violenza. Negli ultimi giorni sono apparsi volantini e manifesti inneggiando alla libertà per il popolo palestinese, ma limitandosi a slogan “Noi stiamo con la Palestina”

Il paese è arabo e ha nella struttura sociale islamica la sua forza e la sua costituzione, la polizia in Oman è praticamente invisibile ma deve essere ovunque almeno a giudicare dalla grandezza delle caserme sparse nel paese. “Se non vuoi studiare vai a fare il poliziotto, ti pagano bene e non è necessario essere delle aquile” commenta ridendo l’autista mentre dal nulla del deserto spunta l’ennesima caserma.

L’Oman ha avuto nel petrolio il suo volano economico, ma non ha mai voluto strafare e quindi la produzione è costante ma contenuta cercando di mantenere intatte le riserve, valutate in diversi miliardi di barili. I profitti petroliferi, oltre che finire nelle tasche del Sultano, sono però stati diffusi in tutto il paese con un reddito medio ormai superiore ai 30.000 euro l’anno per i circa 4 milioni di abitanti, oltre ai tantissimi stranieri asiatici (soprattutto indiani, nepalesi, pachistani e provenienti dal Bangladesh) che formano l’effettiva forza-lavoro. Da sottolineare come l’inglese sia insegnato già nelle scuole primarie e quindi largamente parlato (o almeno capito) da tutti i giovani e che il tasso di sviluppo sia costante con un +5% medio nell’ultimo ventennio ed una diversificazione produttiva che tende a migliorare l’agricoltura sfruttando nel modo più moderno la poca acqua disponibile e favorendo anche lo sviluppo industriale e dei servizi.

La donna è soggetta alla legge islamica e quindi assente dalla vita pubblica, curioso – ad esempio – vedere in Tv una specie di nostro festival di Sanremo notando come in platea ad ascoltare ci fossero solo uomini. Da poco le donne hanno avuto il permesso di guidare da sole in auto, ma il loro abbigliamento deve essere sempre conforme alla tradizione variando a seconda della tribù ed area di provenienza.

Il conflitto in Medio Oriente desta comunque molta preoccupazione, è come una nuvola che incombe temendo un allargamento del conflitto, mentre quello in Ucraina non fa notizia ed il paese ospita molti turisti russi che fanno tranquillamente shopping nei modernissimi mall di Muscat (meno opulenti però di quelli di Dubai), nuova versione dei tradizionali “suk” che ormai si sono trasformati in occidentalissimi supermercati.

Una curiosità: il paese non ha grattacieli né case colorate. Per volere del sultano l’edificio più alto non può superare in altezza i minareti della Grande Moschea di Muscat e dev’essere bianco. Ottima scelta per una visione urbanistica meno appariscente ma più ordinata mentre invano, anche nel luogo più desolato, cercherete un rifiuto per terra: gli omaniti hanno lo scrupolo della pulizia. Dovrebbero impararlo tante nostre città.

 

DEDICATA A CERTI GIUDICI:

“Memento” per Iolanda Apostolico, i compagni della ANM che la difendono, i  componenti della sinistra del CSM che si indignano e per tutti quei giudici che non nascondono i loro preconcetti politici, qualsiasi essi siano.

Sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite  sul  principio dell’imparzialità (n. 8906 del 14 maggio 1998): «l’esercizio della funzione giurisdizionale impone al giudice il dovere non soltanto di essere imparziale, ma anche di apparire tale; gli impone non soltanto di essere esente da ogni parzialità, ma anche di essere al di sopra di ogni sospetto di parzialità. Mentre l’essere imparziale si declina in relazione al concreto processo, l’apparire imparziale costituisce, invece, un valore immanente alla posizione istituzionale del magistrato, indispensabile per legittimare, presso la pubblica opinione, l’esercizio della giurisdizione come funzione sovrana: l’essere magistrato implica una immagine pubblica di imparzialità». Appunto…

 

MENO MALE, LA CGIL C’E’ !

Meno male che la CGIL c’è! Dopo 75 anni e rotti, per la precisione 27.676 giorni da quel debutto il primo gennaio 1948 (se non ho sbagliato i conti) la CGIL sabato scorso ha scoperto che “Bisogna cominciare la lotta per l’applicazione della Costituzione!” Cosi ha urlato il leader della CGIL Landini arringando la truppa ivi convenuta nella manifestazione di Roma. Bene, siamo effettivamente un pò in ritardo, ma chi ben comincia è già a metà dell’opera… Ci si rivede per un aggiornamento verso fine secolo.

Peccato, infatti, che i cigiellini di questa necessità non se ne siano accorti prima, magari nel trentennio (almeno) in cui hanno governato anche i compagni della sinistra.

Ma non dite che la manifestazione fosse strumentale contro la Meloni perchè – ribadisce Landini – “Questa non è una piazza della sinistra, ma di chi paga le tasse”.

Combinazione passavano di lì la Schlein con tutto lo stato maggiore PD e – sempre per caso – anche il M5S, sinistra ecologista, Verdi & C che così, già che c’erano, dal palco e in TV hanno fatto un salutino. A proposito, ma siamo poi proprio sicuri che i sindacati paghino davvero le tasse? A leggere il libro (non smentito) di Stefano Livadiotti, «L’altra casta» parrebbe proprio di no, o almeno che vi sia una gran bella fetta di evasione, ma lasciamo Landini nelle sue granitiche certezze.

 

FEDEZ: AUGURI, MA BASTA!

Tanti auguri a Fedez, con la Ferragni e compagnia per il suo stato di salute ma adesso, basta così! Mi spiace abbia le ulcere allo stomaco, ma un po’ di rispetto per chi soffre seriamente lontano dai riflettori, dimenticato nelle corsie o nei DEA intasati senza avere intorno i “follower” e le telecamere, così che anche la malattia diventa business. Assurda questa mitizzazione di personaggi “montati” sul nulla, degno specchio di una società senza più logiche, ideali e riferimenti. Positivo che molti fans si siano fatti avanti per donare il proprio sangue per lui, magari neppure sapendo che da decenni l’AVIS ed i centri trasfusionali non aspettano altro, ma per donarlo a tutti. Una buona occasione per diventare donatori abituali.

 

BUONA SETTIMANA A TUTTI!                                         MARCO ZACCHERA

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