SE IN TUTTO L’OCCIDENTE
IL “FRONTE DEGLI EQUIVOCI”
E LE “AVANGUARDIE SETTARIE”,
ALIMENTANO L’ANTISEMITISMO,
ECCO IL VERO PERICOLO
Nei giorni scorsi la pagina Facebook e la chat su whatsapp di War Room sono state hackerate. Ovviamente non conosco gli autori del gesto, ma ho il timore che possa esserci una relazione con la linea da me tenuta su Israele, tanto nei miei appuntamenti quotidiani via web quanto qui nella newsletter di TerzaRepubblica. Lo dico con preoccupazione perchè vedo il moltiplicarsi, in Italia ma non solo, di episodi che fanno crescere quello che in modo benevolo potremmo chiamare il “fronte degli equivoci”, e in modo più esplicito le “avanguardie settarie”, per rubare le parole allo scrittore Antonio Scurati, autore di un mirabile articolo (Repubblica, 26 ottobre) di cui consiglio vivamente la lettura.
Mentre scrivo, le piazze delle principali città italiane hanno visto manifestanti che dietro il vessillo della pace nascondevano l’odiosa equiparazione tra Hamas (naturalmente sotto la mendace formula “palestinesi”) e Israele. Talvolta anche la palese simpatia per gli aggressori con la scusa che erano a loro volta stati aggrediti (con ciò cadendo in contraddizione, visto che affermano che Tel Aviv non ha diritto alla vendetta). D’altra parte, nei giorni scorsi ci sono state altre piazze in Europa a favore della Palestina, che si sono tinte di antisemitismo e antisionismo, con la ripugnante equiparazione tra ebrei e nazisti, cori che inneggiavano ad Hamas e cartelli in cui Anna Frank era avvolta in una kefiah.
E questo mentre si attende nel weekend a Roma nientemeno che una “conferenza internazionale per fermare la terza guerra mondiale”: nobile causa, se non fosse che i soggetti organizzatori e alcuni partecipanti assicurano una narrazione a senso unico, chiaramente anti-occidentale. Massimiliano Coccia su Linkiesta ha il merito di aver snocciolato i nomi di costoro: tre diverse organizzazioni di liberazione della Palestina (alcune note per avere bracci armati e per aver firmato attentati terroristici) capeggiate da Mohammed Hannoun, leader di Hamas in Italia, poi fronti putinisti, novax antagonisti della “dittatura sanitaria”, sigle della sinistra insurrezionalista e dell’estremismo nero bosniaco. A questo si aggiungono intellettuali di sinistra come il fisico Carlo Rovelli o il filosofo Diego Fusaro, che si definisce allievo indipendente di Hegel e Marx, e di destra come Franco Cardini, missino della prima ora e noto per aver detto che non si pente dei saluti romani che ha fatto in vita sua. Insomma, sinistra e destra uniti nella lotta (contro gli ebrei), o meglio neofascisti eredi del più vile antisemitismo e vecchi comunisti che vedono nell’unica democrazia del Medio Oriente nient’altro che il prolungamento del capitalismo yankee.
Ma non possono mancare i 5stelle, rappresentati dalla parlamentare Stefania Ascari (commissione Antimafia), e qualche comparsa da talk show come la gettonata Elena Basile, l’ex funzionaria della Farnesina che sostiene che la madre di tutto il male del mondo è l’Occidente. Costoro nei loro documenti ufficiali parlano di “pace e fratellanza tra i popoli contro il militarismo e l’imperialismo” E poi, per essere più espliciti, sostengono che nella vicenda ucraina “il vero aggressore è in realtà il blocco Stati Uniti-Nato-Ue, che ha approfittato del dissolvimento dell’Unione Sovietica per sottomettere economicamente e politicamente tutta l’Europa orientale nella prospettiva di accerchiare e sconfiggere la Russia”.
In questo quadro, non stupisce che il “Che Guevara de noantri”, al secolo Alessandro Di Battista, abbia raggranellato un milione di seguaci intorno alle sue parole d’ordine relative alla responsabilità storiche di Israele, e nemmeno che le sue performance televisive – dove è arrivato a dire che la reazione israeliana alla più grande strage subita in un solo giorno dai tempi del nazismo si possa definire “Fosse Ardeatine al contrario” – abbiano conquistato molte emittenti arabe trasformandolo in un eroico Mullah Dibba. D’altra parte, già nel 2016, in piena guerra contro il califfato e gli stragisti islamisti, l’ex grillino se ne era uscito con un delirante “sto con l’Isis, vanno capiti”.
Ma non è solo l’Italia ad essere teatro di queste infamie. Nel tempio della cultura americana, l’università di Harvard, 33 gruppi di studenti hanno stilato un documento, poi amplificato dai social, in cui dichiarano di considerare “il regime di Israele (si badi bene, regime!, ndr) totalmente responsabile di tutte le violenze causate da vent’anni di apartheid a Gaza”, finendo così con il trasformare i massacrati in massacratori, come nota Scurati. Il quale sente il bisogno di ricordare, e io con lui, un passo del discorso pronunciato da Adolf Hitler il 30 gennaio del 1942 – “il giudaismo trama una guerra mondiale per annientare i popoli ariani, ma non saranno loro ad essere annientati, ma il giudaismo” – per far capire come abbia radici lontane, e ahinoi drammatiche, la tendenza a rovesciare il piano delle responsabilità. “Se l’ignoranza è una epidemia, Harvard è Wuhan”, ha lapidariamente sentenziato Bill Maher, notissimo conduttore televisivo e opinionista, dopo il sostegno degli studenti bostoniani più radicalizzati ad Hamas e il rifiuto dei vertici dell’ateneo di condannare i pogrom del 7 ottobre. Considerato il costo esorbitante delle rette e delle donazioni obbligatorie che occorre pagare per entrare nella più blasonata università al mondo, si può dire che questo atteggiamento appartenga ai figli maggiormente privilegiati d’America. E rivela, dice Scurati, la natura aggressiva, illiberale e oscurantista della sinistra radicale movimentista americana.
Sarà dunque rivolto prima di tutto ad essa lo straordinario j’accuse lanciato da un gruppo di accademici e intellettuali israeliani di sinistra, guidato dallo scrittore David Grossman, che ha bollato come “indifferenza morale” la cattiva coscienza del progressismo occidentale: “Siamo disgustati e col cuore a pezzi per la scioccante mancanza di empatia, da parte dalla sinistra intellettuale in ogni Paese, per gli israeliani innocenti che sono stati massacrati o rapiti”. Perché è inutile nascondercelo: in Occidente è stato tutto un fiorire di zone grigie, di distinguo, di subdole puntualizzazioni tra chi si professa antisionista e non antisemita ma non dice che Hamas chiede la morte degli ebrei in quanto tali. Le televisioni europee, e i nostri talk show in primis, sono piene di “opinionisti” che accusano il governo di Tel Aviv delle peggiori nefandezze. Nelle piazze, sui social e su diversi giornali, oltre alle fake news, si diffondono tesi secondo le quali “Israele viola i diritti umani” e “i terroristi hanno le loro ragioni”. Inoltre, si intimano gli “stop all’assedio” e i “basta con l’occupazione”, come se il tema fosse solo la reazione israeliana e non prima di tutto la bestiale violenza di Hamas e il suo proposito di cancellare Israele dalla cartina geografica e annientare gli ebrei in ogni angolo della Terra.
D’altra parte, è vero quanto sostiene il professor Lorenzo Castellani, docente di Storia delle istituzioni politiche alla Luiss: “Hamas è già tra noi, nella Ue”. Castellani, che la settimana prossima sarà con noi in una War Room dedicata alla situazione mediorientale e il suo riverbero su scala planetaria, fa riferimento alla lettera inviata da un centinaio di funzionari comunitari alla presidente Ursula von der Leyen per protestare contro la presa di posizione a favore di Israele. La testimonianza che la sensibilità delle élite continentali su Hamas è ben diversa rispetto a quella mostrata verso Putin e la sua aggressione dell’Ucraina (che peraltro ora deve registrare il definitivo schierarsi con Mosca dell’ungherese Orban e del neo eletto premier slovacco Fico). Diversità ribadita anche dai ruvidi distinguo mostrati verso la presidente della Commissione Ue da Charles Michel, presidente del Consiglio europeo. E anche a livello di governi, l’Europa appare divisa: si va dall’atteggiamento pro Israele senza se e senza ma di Italia, Germania e Inghilterra, a quello più cauto ma pur sempre inequivoco della Francia (compressibile se si considera che il 10% della sua popolazione è musulmana), a quello nettamente pro Palestina della Spagna.
E qui si innesta un’altra questione, delicatissima: l’Europa ha paura di attentati terroristici. Li avevamo quasi rimossi, i morti innocenti al Bataclan, quelli di Charlie Hebdo, dei mercatini di Natale a Berlino e a Strasburgo, sul lungomare di Nizza, nelle metropolitane di Madrid e Londra. Ma ora, con l’esplodere della guerra a Gaza e soprattutto dopo che due cittadini svedesi sono stati uccisi a Bruxelles al grido di “Allah Akbar”, è tornato il timore di nuovi attacchi terroristici di matrice islamista. E Hamas è un’organizzazione, ricca, ramificata, protetta, che dispone di cellule pronte a organizzare attentati in serie, un po’ ovunque (si veda la War Room di giovedì 26 ottobre con Claudio Bertolotti, Stefano Dambruoso e Guido Olimpio, qui il link). Questo richiederà un salto di qualità nelle capacità di difesa, sicurezza e intelligence. E per farlo con successo dovremo sforzarci, nonostante le divisioni, di realizzarlo a livello comune, non accentuando i sistemi nazionali.
Non dobbiamo ma soprattutto non possiamo fasciarci la testa prima di essercela rotta. Ma prima di tutto dobbiamo prepararci a non farcela rompere. Chi sbaglia analisi, sottovaluta o si fa abbindolare dal pacifismo declamatorio, avrà la coscienza ingombra.