Con Giulio Mastrangelo alla scoperta delle radici longobarde di Massafra
Con Giulio Mastrangelo alla scoperta delle radici longobarde di Massafra
Tutti conoscono studi e ricerche sulla Storia del Diritto nel meridione d’Italia, con riferimento al periodo Longobardo di Giulio Mastrangelo, cultore di Storia del Diritto Italiano presso la Università degli Studi di Bari – Dipartimento Jonico in Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo.
E venerdì 3 novembre avranno modo in tanti nella suggestiva cornice del Santuario della Madonna di tutte le Grazie, di ascoltarlo nel corso in un incontro (organizzato dall’Archeogruppo “Espedito Iacovelli” in questo importante monumento barocco di Massafra), nel corso del quale esporrà le riflessioni maturate da alcuni anni sul giudicato del 970.
A tale documento ha dedicato uno studio nel lontano 2011, pubblicato negli Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto, evidenziando che la pergamena, vergata in beneventana, contiene la sintesi massiva di un processo svoltosi in Castello Massafra secondo la procedura tipica longobarda che, come è noto (precisa Mastrangelo) era caratterizzata dalla oralità e dalla immediatezza, non essendo mai esistita, nè nel Regno del Nord nè nei ducati di Spoleto e di Benevento alcuna burocrazia assimilabile a una moderna cancelleria. I giudicati che ci sono pervenuti (continua) sono pochi, perchè venivano dettati dal giudice solo a richiesta della parte vincitrice della causa che doveva incaricare a sue spese un notaro per questa operazione”.
Lo studioso fa presente che la sua riflessione nasce dalla constatazione che dal 476 d.C. al 1860 abbiamo avuto almeno sette dominazioni straniere nel territorio jonico, mentre la popolazione era ed è sempre stata di lingua e cultura latina.
“E’ una distinzione fondamentale per comprendere le vicende storiche del nostro territorio.
Il giudicato del 970 ne è una dimostrazione: un funzionario greco bizantino siede in Castello Massafra in qualità di Gastaldo per dirimere una lite: il testo è scritto in latino, i termini usati e la procedura sono longobardi perchè la popolazione era latina e tramandava usi e consuetudini normative longobarde.
Il fenomeno dell’incastellamento si sviluppò tra IX e X secolo: mentre è comune a tutti i castelli la funzione difensiva, solo in alcuni veniva amministrata la Giustizia.
Mastrangelo precisa ancora che “Dal punto di vista istituzionale il nostro castello non può essere annoverato nel sistema curtense perchè di questo non aveva la prerogativa di amministrare la giustizia.
Per questo è giocoforza pensare a una signoria territoriale, o bannale, perchè solo in quest’ultima si esercitava il potere di banno. La signoria di banno, detta anche
Bannale o signoria territoriale era una forma di potere locale che si sviluppò nei secoli centrali del Medioevo. Prende il nome dal banno, ovvero l’esercizio di alcune prerogative (tra cui la giustizia), in precedenza appartenute al sovrano, che caratterizzarono questa forma di signoria.
Come mai i bizantini riconquistando Taranto nel 967 non introducono il diritto e il processo bizantini? Come mai Trifilio (il greco che presiede il consesso giudicante) si definisce Gastaldo e non già Krìtes o con altro titolo bizantino?
“Eppure (fa ancora presente) erano trascorsi 118 anni da quando Taranto era stata separata dal principato di Benevento.
Il giudicato è scritto in beneventana ed esattamente in quella versione chiamata scrittura tipo Bari. Conviene esaminare anche il retro della pergamena del giudicato perchè contiene diverse iscrizioni archivistiche scritte con vari tipi di scrittura di diverse epoche: indizi che provano la genuinità e l’antichità del documento.
Il Castello Massafra continua a essere menzionato come tale in documenti successivi per diversi secoli almeno fino al 1470.
Infine, il Codice 4, chiamato cavense perché conservato a Cava dei Tirreni, contiene l’Origo gentis Longobardorum, l’Editto di Rotari, le leggi dei re longobardi successivi nonché quelle emanate dai principi di Benevento. Orbene tale Codice proviene dal nostro territorio e cioè dal monastero di S. Angelo a Casalrotto in agro di Mottola.
Anche tale codice di leggi prova che nel nostro territorio vigeva e si applicava il diritto longobardo, segno che la popolazione è stata sempre latina di usi e consuetudini longobarde sino al 1800”
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Di questo e di tanto altro il noto studioso parlerà a tutti nel corso dell’attesa relazione.
Vogliamo ricordare ai lettori che Giulio Mastrangelo è nato e vive a Massafra, Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Padova, svolge l’attività di avvocato libero professionista. Da sempre impegnato nel mondo delle associazioni (cattoliche, sportive, culturali, ambientaliste), promuove e organizza iniziative dirette alla tutela e alla valorizzazione dei beni naturali, archeologici artistici e storici del territorio e per il recupero di antiche tradizioni popolari. Nel decennio 1984-1994 si è interessato dei problemi di protezione dell’ambiente delle Gravine collaborando alla redazione di vari progetti per la istituzione di parchi naturali attrezzati in Puglia. Presidente dell’Archeogruppo “Espedito Jacovelli” di Massafra dal 1985 al 2002, ha collaborato alla attuazione del progetto nell’ambito del Programma d’iniziativa comunitaria Leader II quale componente del C.d.A. del GAL CSAJT. Dal 2003 è socio della Società di Storia Patria per la Puglia ed Ispettore onorario ai Beni archeologici della Soprintendenza Archeologica della Puglia. Ha partecipato, quale esperto della Provincia di Taranto, al progetto comunitario Interreg III C Caves Network.
Per contatti: giuliomastrangelolibero.it
Nelle foto:1) Santuario Madonna di tutte le Grazie. 2) Lo studioso Giulio Mastrangelo. 3) Il Castello medievale di Massafra in uno scorcio. 4) Interno monastero di S. Angelo a Casalrotto in agro di Mottola.
Nino Bellinvia