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IL PUNTO   n. 929 del 10 novembre 2023

di MARCO ZACCHERA

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Numeri arretrati de IL PUNTO e altre news:   www.marcozacchera.it

(Grazie a chi mi manda altri indirizzi di potenziali lettori!)

 

Sommario: Piccole proposte di pace – Albanesi brava gente? – Indi: diritto alla vita –  Povero Soumahoro che paga per tutti – riflessione sull’unità nazionale.

 

PACE, E NOI?

Personalmente possiamo fare poco per ottenere una pace anche provvisoria in Medio Oriente come in Ucraina e in tante altre parti del mondo, però possiamo “fare pace” intorno a noi. Perché questa settimana ciascuno di noi non si impegna per fare una “piccola pace” in famiglia o tra colleghi di lavoro? Una cosa intima, ma che sia vera. Mille piccole paci non risolvono i problemi mondiali, ma ci fanno migliorare tutti e soprattutto ci faranno stare meglio aiutandoci anche a capire come solo questa sia la strada da seguire.

 

IMMIGRAZIONI… VIA ALBANIA

Giorgia Meloni ha spiazzato la concorrenza proponendo un’idea che condivido, ovvero di organizzare il trasferimento direttamente in Albania di chi chiede asilo politico in Italia per essere verificato prima di aver libero accesso nel nostro paese.

Così facendo la Meloni ha rilanciato con una azione concreta ed innovativa l’immagine di un governo che sul tema immigrazione giocava in difesa, subissato dalle critiche per le ondate di sbarchi a Lampedusa.

L’idea di “dirottare” i migranti prima che tocchino il suolo continentale potendo fare un primo screening per le richieste di asilo politico è ottima, tenuto conto che questa motivazione è oggi spesso solo una scusa per coprire invece una migrazione “economica” che, almeno in teoria, dovrebbe viaggiare su altri canali.

Va ricordato infatti che ad oggi quasi tutti i richiedenti asilo “politico” NON ne hanno i titoli e requisiti ed infatti già poche ore dopo lo sbarco spariscono dai controlli.

Lo stop temporaneo in Albania garantisce invece di identificare ed assistere meglio e più velocemente i “veri” perseguitati politici, destinando così le risorse risparmiate all’assistenza dei migranti economici.

Un accordo che avvicina oltretutto l’Albania all’Italia ma anche all’Europa e sullo sfondo crea le premesse per una progressiva, ulteriore integrazione del piccolo stato balcanico nella UE.

Così facendo la Meloni ha anche spiazzato l’opposizione che rosica ma non convince visto che il PD – ovviamente critico per dovere d’ufficio – è costretto a giudicare l’intesa “Un accordo che sembra configurarsi come un pericoloso e ambiguo pasticcio” (per me interpretabile con un “…peccato, se ci avessimo pensato prima noi…”). Molto brutta la mossa della Schlein di chiedere l’espulsione del partito albanese del premier Edi Rama dal gruppo socialista europeo per “collaborazione con il nemico”: un ricatto politico molto poco “democratico”.

Tacciono i centristi, ma i satelliti della Schlein come +Europa e il solito Bonelli di “Alleanza Verdi e Sinistra” arrivando a sostenere che “Praticamente si sta creando una sorta di Guantanamo italiana” confermano che l’opposizione non percepisce più minimamente lo stato d’animo dei cittadini che – a torto o ragione – giudicano necessario un ben maggiore filtro agli ingressi.

Infine la Meloni soffia la palla a Salvini che tace ed acconsente, ma è stato di fatto dribblato proprio sul suo stesso terreno e sicuramente mastica amaro.

Tutto bene, quindi? Calma perché se l’idea è buona fin qui è solo tutta teoria visto che i centri decolleranno solo a primavera e quindi vanno prima bene organizzati.

Sicuramente l’accordo rafforza comunque l’asse Roma-Tirana con l’Italia che è da tempo il primo partner commerciale dell’Albania e che in futuro avrà sempre più bisogno di un suo sfogo adriatico. Non è certo un’impresa coloniale, ma un accenno a creare quella zona d’influenza italiana che da tempo era sparita dal Mediterraneo e che proprio in chiave immigrazione ha tutte le necessità di ricostituirsi anche perché se l’idea funzionerà sarà più facile replicare i centri di accoglienza direttamente in Tunisia e in Libia con vantaggi per tutti e finalmente tagliando le unghie ai trafficanti impuniti di carne umana: meglio traversare il Mediterraneo già identificati, con le carte a posto e  in aereo che rischiare i soldi e la vita in mezzo al mare.

Palazzo Chigi ha spiegato che la giurisdizione dei due centri sarà italiana, che i migranti sbarcheranno direttamente a Shengjin e l’Italia si occuperà delle procedure di identificazione realizzando un centro di prima accoglienza e screening mentre a Gjader realizzerà una struttura “modello Cpr” per le successive procedure. L’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per la sicurezza e sorveglianza in un paese che già vede un’importante (dimenticata) presenza di forze dell’ordine e magistrati italiani.

Se andrà in porto quest’idea sarà davvero strategica per affrontare meglio in futuro la problematica dell’immigrazione in Europa.  Vedrete che – se funzionerà – altri paesi seguiranno l’esperimento italiano.

 

INDI DEVE MORIRE !

Non riesco a capire dal punto di vista etico ma soprattutto umano perché la piccola Indi debba morire per volontà di una Corte di giustizia inglese che rifiuta venga trasferita in un ospedale italiano dove possa essere assistita. Forse morirà comunque (se non lo sarà già quando leggerete queste note) ma scientemente negarli il diritto alla vita ed obbligare i medici a staccare la spina quando altri vogliono continuare a curarla lo trovo di una disumanità sconcertante.

 

“POVERO”  SOUMAHORO

Vogliono cacciare l’on. Soumahoro dal parlamento per infedeltà nelle dichiarazioni sulle spese elettorali. Non è giusto, perché allora chissà quanti deputati dovrebbero andare a casa, ma sono stati solo più furbi nel presentare le carte. Non è poi nemmeno sportivo prendersela più con lui per moglie e suocera gaudenti sulla pelle degli immigrati ed ora agli arresti domiciliari: è come picchiare un pugile già KO.

Piuttosto andrebbero perseguiti quelli che hanno chiuso gli occhi per anni sulle sue cooperative truffaldine senza fare controlli e soprattutto colpire i suoi sponsor politici, quella sinistra farlocca e demagoga che lo presentò alle elezioni, facendolo votare definendolo “Un laureato in sociologia. una figura importante, un attivista sociale e sindacale che da vent’anni difende le persone invisibili, i senza voce e le lavoratrici e i lavoratori della filiera agroalimentare e tanti altri dell’era dell’economia digitale. Oltre alle sue lotte sul campo, Aboubakar Soumahoro è scrittore che cerca di concettualizzare le sue lotte per coniugare azione e pensiero in un’ottica della giustizia sociale e ambientale. In Italia, in Europa e a livello globale». Parole testuali pronunciateb dal verde Angelo Bonelli, il 10 settembre 2022 alla presentazione del candidato PD e Verdi a Bologna in posizione “blindata”.

Ad oggi neppure hanno ancora avuto la faccia di chiedere scusa ai propri elettori!

 

Riflessione: ”L’UNITA’ NAZIONALE”

Ricordo bene – ero ragazzo – il 4 novembre 1968. Era il 50° anniversario della Vittoria e molti reduci vivevano ancora. Per festeggiarli gli era stato concesso il titolo di “Cavaliere di Vittorio Veneto” e una modesta pensione (anche per allora) di 60.000 lire all’anno. In casa si festeggiava mio nonno Felice che – caporalmaggiore del genio pontieri – aveva contribuito a far passare il Piave agli alpini ai piedi del Grappa.

Purtroppo lo Stato non fece in tempo a consegnare per l’anniversario né la pensione (che giunse l’anno dopo) né la piccolissima medaglia d’oro con nastrino tricolore che accompagnava la pergamena del cavalierato da consegnare ai superstiti, tanto che i figli  ne comprarono una copia consegnata solennemente al pranzo del 4 novembre tra la commozione di tutti e ancor oggi la conservo come prezioso ricordo di mio nonno.

Da allora il tempo trascorso è più che raddoppiato e la prima guerra mondiale è vagamente ricordata ai ragazzi solo attraverso i libri di storia. Sabato scorso sono passato davanti al monumento ai caduti della nostra città partecipando alla consueta cerimonia.

Guardavo le autorità schierate, il picchetto, labari e gonfaloni, ma dietro non c’era nessuno.

Non c’erano la gente, i ragazzi, neppure qualche scolaresca come quando eravamo bambini e ci davano una bandierina tricolore da tenere in mano: nessuno.

Il 4 novembre è ufficialmente la “Giornata delleFforze Armate e dell’unità nazionale” ma – ridotte le forze armate – dov’è l’“Unità Nazionale” e – soprattutto – come viene coltivata?

Certamente è positivo che nessuno oggi si sogni più di sparare agli austriaci ed abbiamo tutti in tasca il comune passaporto europeo, ma mi sembra si sia anche dissolto non tanto l’aspetto “nazionale” – che salta fuori al massimo per le partite di calcio degli azzurri – ma anche il senso di appartenenza, di coesione, di comunità.

Questo non è un bene, ma il risultato dell’aver confuso per molti anni non solo il concetto di nazione con il nazionalismo, ma anche per aver voluto abbattere scientemente ogni simbolo, ricorrenza, sentimento, principio di appartenenza ad una comunità. Così il senso del dovere, di compartecipazione, di reciproca appartenenza nel bene e nel male ad un popolo, si è volatizzato e si è perso.

Si può dire che ciò è avvenuto forse perché questo era un obiettivo della fu sinistra italiana, cui rispondeva una destra che lo ammantava di eccessivo nazionalismo e quindi progressivamente usciva dal tempo, fatto sta che il concetto di appartenenza si è perso. Cosa in cambio ci abbiamo guadagnato? Forse nulla e quindi ci resta solo la perdita.

Appartenere ad un popolo, ad una società, ad una comunità che abbia radici in un preciso territorio sia cittadino, regionale ma soprattutto nazionale impone non solo di accettarne le leggi, ma anche di sentirsi compartecipe alla sua crescita e alla sua evoluzione e – vocabolo desueto – capire che a volte per ottenerlo servono sacrifici.

Quei nomi scritti su tutti i monumenti ai Caduti d’Italia e d’Europa rappresentano un esempio estremo di sacrifico e di solito non sono nomi di eroi, ma di ragazzi spinti nelle trincee a sparare ad altri ragazzi “con la divisa di un altro colore”, come il Piero cantato da Fabrizio De André.

Certamente c’erano e ci sono tanti altri modi di “servire” il proprio paese, quello che si chiamava “Patria” nome oggi desueto e nascosto, celato quasi con diffidenza, timore, sospetto.

Eppure una comunità cresce e si cementa proprio soprattutto nel momento del sacrificio che – come i doveri – si tenta appunto di nascondere ed esorcizzare all’insegna del futile, del sorriso forzato, dei consumi inutili pur ammantati spesso di pseudo modernità ecologica od ambientale. Siamo strani: si litiga o si discute di riforme costituzionali, di presidenzialismo o premierato, di parlamentari eletti o meno dai partiti ma non si discute di noi, degli italiani.

Pensieri che in un giorno grigio e in una piazza semivuota davanti ad un monumento ai caduti scivolano via come le foglie di quest’autunno arrivato di colpo, eppure ti lasciano in bocca un sentimento amaro, di dubbio e di tristezza.

 

BUONA SETTIMANA A TUTTI!                                                              MARCO ZACCHERA

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