“Teatro di tutti questi fatti di sangue, il popoloso rione Tamburi, sito nella periferia di Taranto. Paolo De Vitis, il melonaro, sessantaseienne, freddato davanti alla sua bancarella di angurie è il capostipite di una famiglia malavitosa i cui figli, Salvatore e Nicola, già da tempo hanno fatto il loro ingresso nel gotha della criminalità. Stesso discorso per la sessantaduenne Cosima Ceci, madre di una nidiata di malavitosi: i figli, Riccardo, Gianfranco, Claudio e Antonio. Modeo, infatti, non solo si sono conquistati in breve la fama di pezzi da novanta, ma hanno cominciato a fare un salto di qualità, cercando di investire i proventi della droga e dei taglieggiamenti anche in settori leciti, quali l’industria e l’edilizia. Inoltre, la rivalità esistente in seno alla famiglia (qualcuno è figlio di secondo letto di Cosima Ceci) aggiungerà, come vedremo, violenza a violenza, fino alla morte di qualcuno di essi e al pentimento e alla carcerazione a vita di altri. Sono questi i personaggi che, per tanti anni, hanno reso tristemente famoso il capoluogo ionico riducendolo alla Palermo della Vucciria, alla Napoli del rione Sanità o alla Casal Principe di Saviano”.
Siamo negli anni di piombo e Taranto è scossa da uno dei periodi più brutti della sua storia. Una guerra sanguinosa, infatti, imperversa tra le strade pubbliche, in particolar nel rione Tamburi dove giorno dopo giorno sono giustiziate persone appartenenti alla malavita e anche anime innocenti. Il saggio di Ghizzardi e Guastella, ripercorre in maniera esemplare gli eventi che raccontano una Taranto inedita dove la famiglia Modeo la faceva da padrone. Il testo è certamente interessante, perché pregia l’uso della puntualità della cronaca e la dovizia delle carte processuali, fino ad apporre un’attenta analisi sociale e politica di quell’orda criminale. Sono passati anni, e pezzo dopo pezzo, gli eventi che hanno sconvolto la terra dei due mari prendono sempre più forma, complice l’aiuto di Gianfranco Modeo, l’ultimo sopravvissuto della famiglia, ormai cittadino comune che conduce la sua vita in una città segreta.
Sono molti i nomi e le facce che si avvicendano, caduti di una guerra malavitosa che non lascia scampo neppure all’interno di una stessa famiglia. Una serie di delitti, prendono il via, in una mattanza senza regole, dove uomini, donne e bambini perdono la vita senza un perché. A chiudere il saggio è la stagione dei maxi processi, dove criminalità e colletti bianchi si mescolano insieme, in un quadro dove la malavita si affievolisce sotto i colpi della giustizia. Sullo sfondo la questione ambientale sull’Italsider e l’interrogativo essenziale: è più importante tutelare il diritto al lavoro o il diritto alla salute e alla tutela ambientale? Un saggio entusiasmante che pagina dopo pagina scioglierà diversi interrogativi.
Nell’ultimo quarto del secolo scorso, Taranto venne annoverata tra le “città criminali”: centosessanta omicidi insanguinarono infatti le vie della città e della provincia ionica, assimilandola alla Campania della camorra, alla Calabria della ‘Ndrangheta o alla Sicilia di Cosa nostra. La feroce malavita che falcidiò tutte quelle vite non aveva tuttavia legami particolari con le grandi organizzazioni criminali, ma era legata soprattutto a famiglie malavitose. In particolare, la “cosca” di Antonio Modeo, detto il “Messicano”, e dei suoi fratelli Gianfranco, Riccardo e Claudio. Sullo sfondo Taranto, una città industrializzata ma mai davvero industriale, e protagonista in negativo anche il IV Centro siderurgico, lo stabilimento industriale più grande d’Europa, che con le sue esalazioni mefitiche di vittime ne ha mietute centinaia divenendo, per certi versi, anche un centro di malaffare e di politiche industriali che non tenevano in alcun conto la salute dei cittadini.
Info biografiche:
Nicolangelo Ghizzardi è nato a Taranto il 22 ottobre 1949 e si è laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bari. Entrato in magistratura nel 1984, è stato Pretore di Manduria per poi assumere le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto ove ha sostenuto l’accusa nei più importanti processi alla criminalità tarantina. Nel 2009 è nominato Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Brindisi e, nel 2016, Avvocato Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Taranto ove ha prestato servizio fino al 22 ottobre 2019, data di collocamento in quiescenza. Autore di scritti e articoli di dottrina nel settore del diritto, nel 2010 pubblica, con Arturo Guastella, la prima edizione di Taranto tra pistole e ciminiere. Storia di una saga criminale (Libri di Icaro).
Arturo Guastella, prima biochimico ricercatore all’Istituto di Fisica Nucleare della Sapienza di Roma, diviene giornalista dal 1971 cominciando a scrivere per «Il Messaggero» e, poi, per il «Corriere della Sera», «Nuova Ecologia», «Ulisse 2000», il giornale d’arte «Il Terzo Occhio». Ha contribuito a fondare e poi diretto per quindici anni «Video Levante», continuando a collaborare con «Il Messaggero», «L’Espresso», la Rai, «Le Figaro», il «Corriere del Giorno», «Quotidiano», la «Prensa» di Rio de Janeiro, «Ingegneria Ambientale». Ha diretto per nove anni le Relazioni Esterne di una società dell’IRI ad alta tecnologia. Attualmente scrive per la «Gazzetta del Mezzogiorno» e per il giornale digitale «Italia Libera». Ha tenuto corrispondenze da Grecia, Egitto, Giappone, Cina, Argentina, Russia, Sud Africa, Nigeria, Stati Uniti.