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IL PUNTO   n. 936 del 5 gennaio 2023

di MARCO ZACCHERA

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Sommario: GENTE DI LAGO – Pover Meloni – Ferragni: aspettiamo l’assegno – Hanno rubato perfino il presepe – Musica Antifascista – Approfondimenti: verso il voto USA

 

PRESENTAZIONE UFFICIALE DI GENTE DI LAGO 3

Sabato 13 gennaio alle ore 17 presso la sala della biblioteca di Baveno (davanti alla chiesa) verrà presentato ufficialmente il volume GENTE DI LAGO 3 di cui è in esaurimento la prima edizione e che continua la fortunata raccolta di personaggi, racconti, storie del Lago Maggiore arricchito da molte foto d’epoca ed al quale ho direttamente collaborato.

I lettori de IL PUNTO possono ancora richiedermelo direttamente via mail al prezzo speciale di 20 euro spese di spedizione comprese. Il ricavato verrà devoluto al “Verbania Center”. Ricordo di indicare nella richiesta anche il proprio indirizzo postale.  (NB: sono stati inviati tutti i volumi richiesti dai lettori alla data del 29.12.23, se lo avete ordinato ed eventualmente non ancora ricevuto per favore contattatemi – grazie)

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POVERA MELONI …

Secondo i sondaggi Giorgia Meloni ha un gradimento personale ben superiore a quello del suo governo. In effetti quasi tutte le grane che ha dovuto affrontare nel 2023 (ovviamente subito ingigantite dalla controparte) sono venuti per atti od atteggiamenti discutibili da parte di ministri od esponenti della sua maggioranza. La premier, superati i suoi problemi di salute, è apparsa alla conferenza stampa di ieri particolarmente pimpante rispondendo per tre ore e mezza alle domande dei giornalisti. Speriamo però che il 2024 spieghi a certi personaggi che essere al governo o in maggioranza impone un comportamento etico e di sostanza ben diverso da quando veleggiavano all’opposizione.  I pistoleros sono avvertiti.

 

FERRAGNI/FEDEZ NON SPARATE SULLA CROCE ROSSA

Con la soddisfazione di aver anticipato l’ondata dei media denunciando su IL PUNTO le “belle imprese” della signora Ferragni, avendo lei annunciato ormai un mese fa una imminente donazione di 1.000.000 di euro all’ospedale pediatrico “Regina Margherita” di Torino a titolo di “riparazione” per la truffa del pandoro, sarebbe interessante sapere se il gesto di “spontaneo pentimento” ci sia stato oppure no, magari mostrando la relativa copia del bonifico. Nel frattempo è iniziata la gara tra le Procure per stabilire chi debba indagare: nell’ordine Milano, Prato e Trento sgomitano per occuparsi del caso, fonte di evidente spettacolarizzazione giudiziaria prossima ventura.

Se infine vi interessa il modello di felpa grigia ferragnana con la quale l’influencer ha annunciato “di essersi sbagliata” – con la lacrima sul ciglio – nel pubblicizzare il pandoro (ma poi sono arrivate anche le denunce per le uova di Pasqua ecc. ecc.) sappiate che è in vendita a “soli” 600 euro e pare che il modello di felpa vada a ruba.

 

TRISTEZZA

Le immagini natalizie dell’Isola dei Pescatori sul Lago Maggiore che in occasione delle festività è stata illuminata insieme all’Isola di San Giulio, sul Lago d’Orta, a cura dell’APT hanno fatto letteralmente il giro del mondo (e manderò il video a chi me lo richiederà), così belle da togliere il fiato. Molti i visitatori fuori stagione, peccato che qualche “anima pia” non abbia trovato di meglio che arrivare a rubare perfino la statua di Gesù Bambino dal presepe di fianco alla chiesa. Se penso che quando eravamo bambini all’ isola nessuno chiudeva a chiave la porta di casa neppure di notte perché un furto sarebbe stato impensabile…beh, forse il mondo non è andato molto avanti in questi decenni!

 

MUSICA ANTIFASCISTA

A Nizza, la direttrice d’orchestra lucchese Beatrice Venezi è stata contestata al concerto di Capodanno al grido: “Non vogliamo fascisti”. La direttrice d’orchestra italiana, accusata di essere vicina a Fratelli d’Italia, è stata contestata poco prima dell’inizio da quattro spettatori che dal loggione hanno gridato “Non vogliamo i fascisti” esponendo uno striscione. La Venezi ha indirizzato uno sguardo ai  manifestanti e ha poi avviato il suo concerto. Nei giorni scorsi una cinquantina di persone aveva già manifestato contro l’evento ma il direttore dell’Opera di Nizza, Bertrand Rossi, aveva però respinto le accuse: “La musica ha il potere di superare gli schieramenti e di riunire gli individui attorno a un’esperienza comune. Bisogna separare l’arte dalla politica.”

 

Approfondimento: GLI USA VERSO IL VOTO

 

Il voto USA di novembre condizionerà anche l’Italia e credo sia utile qualche riflessione che in parte riprendo da quanto ho pubblicato su IL SUSSIDIARIO.NET che consiglio ai lettori de “Il Punto” (cliccando su Il Sussidiario+Zacchera trovate tutti i miei articoli pubblicati)

 

Le elezioni presidenziali americane di martedì 5 novembre hanno tutti gli ingredienti per diventare la più assurda, colorata e forse agitata delle contese.

Da una parte un presidente uscente evidentemente “cotto” come Joe Biden (che Trump chiama “il dormiente Joe”) e che per tutti i sondaggisti ha deluso gli elettori che dovrebbe avere come antagonista il più divisivo dei candidati, quel Donad Trump che ogni giorno riempie le cronache giudiziarie e mondane vivendo di eccessi e polemiche.

In campo democratico c’è imbarazzo e preoccupazione: non si può che candidare un presidente uscente (soprattutto quando anche la sua vice Kamala Harris non ha certo entusiasmato e quindi non può sostituirlo), ma la candidatura Biden è spenta e poco convinta, oltretutto offuscata dai pesanti scandali politico-finanziari del suo entourage famigliare e in particolare i maneggi del figlio Hunter con l’Ucraina tramite la sua società Burisma.

Se un candidato alternativo potrebbe essere il governatore della California Gawin Newson, o Biden si auto-ritira (e ad oggi sembra non avere alcuna volontà di farlo) magari motivando la scelta per motivi di salute o non ci sarà partita: il candidato democratico sarà lui.

Dall’altra parte c’è Donald Trump, il contestatissimo ex presidente che non ha perso un giorno nel quadriennio per dare spettacolo, litigare, accusare tutti ed essere al centro di mille controversie giudiziarie. Un Trump spumeggiante, irrefrenabile, polarizzante, che sommerge ogni altro potenziale avversario interno repubblicano, ma che – candidandosi – darà proprio ai democratici l’unico vero leitmotiv di campagna elettorale: una “chiamata alle armi” per la necessità assoluta di sbarragli la strada “per il bene del paese e del mondo” tentando di richiamare al voto ogni elettore democratico possibile, anche quelli più scettici verso Biden.

Mancano ancora dieci mesi al voto ma la polemica è già totale e, negli ultimi giorni, ha toccato l’apice mettendo in dubbio la possibilità stessa di Trump a candidarsi alle elezioni visto che in alcuni stati (democratici) gli è stata negata la partecipazione già alle “primarie” repubblicane ritenendolo responsabile dell’assalto a Capitol Hill di tre anni fa.

Dopo il Colorado, anche il Maine infatti si è opposto alla sua candidatura e forse altri stati li seguiranno. C’è da dire che mentre in Colorado la decisione (già appellata da Trump) è stata emessa da una Corte statale, nel Maine è stata una scelta personale della segretaria di stato Shenna Bellows (democratica) che si è appellata al terzo comma del 14esimo emendamento costituzionale “squalificando” Trump per presunta cospirazione.

La norma risale al 1868, quando – appena finita la guerra Civile – i legislatori decisero di introdurre una clausola per impedire a “cospirazionisti e insorti” (leggi i “sudisti”) di avere un ruolo pubblico. Per questo in oltre un secolo e mezzo è stata applicata solo per il presidente della Confederazione sudista Jefferson Davis e il suo vice Alexander Stephens, peraltro poi amnistiati.

Dal punto di vista giuridico è probabile che la Corte Suprema degli Stati Uniti alla fine darà ragione  a Trump e non solo perché è a maggioranza repubblicana, ma perché, obbiettivamente, è forse un po’ esagerato considerare Trump un cospiratore quando metà America sospetta ancora oggi che il voto del 2020 in alcuni stati potrebbe essere stato effettivamente inquinato e non tanto durante lo scrutinio ma – come sosteneva Trump – per le nuove leggi elettorali legate al voto per corrispondenza poco controllabile e ancor meno “tracciabile”.

Importante e poco noto anche il dettaglio che in Colorado – stato democratico e dove lo è anche la Corte statale – il voto contro Trump sia passato con un solo voto di scarto a sottolineare che anche dei giudici democratici non hanno ravvisato gli estremi per una esclusione di Trump, così come è avvenuto (ma in Italia non lo ha scritto quasi nessuno) anche in Minnesota, Michigan, New Hampshire  e California, stati che – pur democratici – hanno ammesso Trump alle “primarie” rigettando i ricorsi contro di lui.

Trump intanto ovviamente gongola, si tiene stretta tutta la scena gridando allo scandalo e al suo personale martirio, accusando i giudici democratici di essere pupazzi di parte. Nella pratica tiene così saldamente in mano il pallino delle primarie repubblicane dove, peraltro, nessuno sembra più in grado di insidiarlo.

Ma se Trump è fortissimo all’interno del suo partito (e avrà sicuramente in tasca la “nomination” se alla fine andrà alla conta) non avviene lo stesso nell’elettorato GOP (repubblicano) dove solo una parte degli elettori lo vedono come ideale Comandante in capo, ma molti altri lo detestano sia per il carattere e l’estremismo del personaggio sia perché rischia di mettere in forse una vittoria (quasi) certa contro Biden per il conseguente aumento, per reazione, degli elettori democratici e così permettendo un possibile rimescolamento di carte, soprattutto se si astenessero dal voto per protesta anche dei repubblicani anti-Trump.

C’è da dire che i sondaggi danno oggi comunque Trump in testa contro Biden in 5 dei 6 stati-chiave, quelli che di solito condizionano le elezioni, ma – appunto – poiché negli USA quasi metà dei potenziali elettori poi non votano bisogna capire cosa succederà effettivamente il 5 novembre al termine di una campagna elettorale che tutto sarà tranne che noiosa.

C’è ancora aperta anche la questione del sistema di voto che sembra premiare i democratici. Anche questa volta sarà permesso infatti il voto postale, in molti stati anche con schede votate o almeno inviate dopo il 5 novembre. Un altro aspetto fonte di ulteriori polemiche, ma sul punto ogni Stato è libero di applicare una propria legge elettorale e quindi ogni decisione centrale non sarebbe comunque vincolante.

Certo che – Biden o Trump che sia – pensare che la prima potenza al mondo sia domani in mano a uno di questi due quasi ottuagenari e discutibili personaggi non può che lasciare molto perplessi.

 

UN SALUTO E ANCORA UN AUGURIO DI BUON ANNO A TUTTI  !!

 

MARCO ZACCHERA

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

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