Siamo diventati un popolo di rassegnati
Ma sì, lo vedo in cose di poca importanza e in cose gravi di grande importanza. Non è la prima volta che vado presto al supermercato per non trovare gente e per sbrigarmi. Prendo le poche cose che mi occorrono, mi avvicino alle casse e ne vedo una sola aperta, e gente col carrello pieno che aspetta con sconcertante rassegnazione. Io come altre volte protesto e come altre volte aprono subito un’altra cassa. La gente mi guarda meravigliata, giacché a nessuno sarebbe venuto in mente di reclamare. Qualche giorno fa in un supermercato cercavo delle pere, guardo la provenienza scritta lontano e a caratteri piccoli: Spagna, Argentina, Sudafrica… Non ci sono pere italiane. Ovviamente vado a reclamare. Non credo che qualcuno vada a reclamare. La gente è rassegnata a mangiare ciò che il supermercato offre. Piccole cose, senza importanza. Ma c’è la rassegnazione a cose di grande importanza. Ci siamo rassegnati a non avere almeno una mattina di bel tempo, un cielo azzurro e terso. Credo che anche i pittori si siano rassegnati a dipingere nei paesaggi il cielo striato da scie chimiche. E c’è la rassegnazione a cose gravissime, come a sentire giornalisti, politici, storici, se così possono essere definiti, parlare tranquillamente di armi come se parlassero di noccioline. Rassegnazione a sentir parlare di guerra, quasi che questa non significasse rovina, sofferenza e morte anche per i propri figli. Qualche sera fa in televisione una signora ha detto che dobbiamo armarci per difendere la democrazia. Non so se ha figli. Se li ha, non li ama. Ci siamo rassegnati, cosa gravissima, ad ascoltare tutti i giorni discorsi del genere, cretini e crudeli ad un tempo.
Renato Pierri