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VASO DI COCCIO?

Misura del ruolo degli Stati è la competitività, più è da sfida e maggiormente lo Stato si impone. Ciò ovviamente accade anche per gli Stati che si uniscono per essere un unicum, a esempio gli Usa e l’Ue. Gli Stati Uniti, in base alla loro storia sin dagli inizi unione di Stati, proseguono l’iter storico mantenendo, pur con i problemi che in ogni parte del globo non mancano, quella competitività che li pone in primo piano nello scacchiere mondiale. Sono, gli Usa, una Potenza che potremmo definire dinamica, come lo è la Cina assurta al ruolo di competitor con gran rilievo in ogni settore, non escluso quello della Intelligenza Artificiale. L’Ue, unione di 27 Stati membri dalla storia ben diversa rispetto agli Usa, continua a mantenere una pluralità di interessi nazionali che talora si incontrano, talaltra si scontrano. E viene l’Ue qualificata statica, in crisi di competitività. Ciò maggiormente dopo gli sconvolgimenti di questi ultimi anni e il nuovo scenario geopolitico, per cui non può contare sui tre pilastri che la facevano reggere: energia russa, esportazioni cinesi e difesa da parte degli Usa. L’Ue va perdendo sempre più la sfida della competitività, sembra essere divenuta, a riprendere l’espressione manzoniana, “un vaso di coccio tra vasi di ferro”, i quali vanno anche crescendo di numero. L’Europa, in passato definita “perla dell’impero americano” appare in crisi con una produttività in calo e forti tensioni sociali, dovute anche all’irrisolto problema dei migranti. Sono siffatte problematiche emerse in ogni Stato, particolarmente in Italia, ma anche in quegli Stati che nei decenni passati apparivano traino dell’Europa, vale a dire Germania e Francia. Lo si evince dalle recenti elezioni del Parlamento europeo, nelle quali i Presidenti Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno avuto una sconfitta schiacciante, apparsa conferma della loro inconsistenza come politici sia nazionali che europei. Vincitore in Francia è risultato il Fronte Nazional di Marine Le Pen con 31,5 per cento dei voti, il doppio di quelli di Macron, e in Germania ha vinto il Gruppo di destra del Ppe, come in Austria il Partito della Libertà di estrema destra che ha raddoppiato il numero dei deputati. Anche in Belgio male per la maggioranza. Francia e Germania non sono più l’asse come al tempo della Cancelliera Angela Merkel, con Macron che viveva il suo periodo d’oro. Correva l’anno 2020 quando, a proposito dei 500 miliardi da stanziare finalizzati alla ripresa dell’economia europea, Macron andava dicendo che l’accordo dei 27 Paesi dell’Unione europea poteva esserci solo dopo un accordo franco-tedesco. Cosa che chiaramente mostrava il ruolo di Francia e Germania. La Cancelliera e il Presidente francese non compresero, però, le nuove mire di Mosca sui paesi dell’Europa Orientale. La Russia, che non aveva in realtà dei veri politici e poteva poggiarsi quindi solo su oligarchi intenti ad arricchirsi anche fuori dalla Russia, vedeva, però, serpeggiare sempre più la nostalgia per l’Urss, un sistema che aveva assicurato stabilità e insieme una certa sicurezza ai cittadini. Inoltre Merkel e Macron non si impegnarono neppure per una prosperità euroasiatica attraverso un’intesa economica e commerciale con un ruolo dell’Europa accanto all’inserimento della Cina. Si sarebbe forse per l’Europa verificata una crescita economica, e anche gli Usa, generalmente poco propensi a una crescita economica dell’Europa, avrebbero dovuto accettarla. Per Macron c’è poi stato il maggiore coinvolgimento della Francia nel conflitto russo-ucraino, ed ha quel coinvolgimento fornito quasi giustificazioni alla ritorsione della Russia per una escalation del conflitto. Dopo le ultime elezioni per il rinnovamento del Parlamento, in Europa i cittadini europei riflettono sulla metà degli europei astensionista, si interrogano sui poteri dell’Europarlamento, sulle motivazioni delle tre sedi con altissimi costi ricadenti sui cittadini europei. I Popolari restano, però, saldi, è pertanto probabile la rielezione di Ursula von der Leyen.                                                                                       Intanto si è appena concluso (13-15 giugno 2024) presso il resort Borgo Egnazia (Fasano-Brindisi) il 50° Vertice del G7, presieduto dall’Italia con Giorgia Meloni. Insieme ai tanti Leader mondiali, ha visto anche la presenza di Papa Francesco, interessato all’AI che “può – a suo avviso- portare anche maggiore ingiustizia”. C’è da parte di Biden e dei Leader l’impegno per la pace e per il benessere del pianeta, ma anche a sostenere Kiev. Tante le problematiche in discussione, gli accordi fra gli Stati. Ed Erdogan chiede a Lula il sostegno per entrare a far parte dei Brics, nel mentre Macron si impunta sulla parola “aborto” che dice scomparsa nel programma: viene ogni cosa chiarita nella stesura finale del G7. Naturalmente non sono mancati gli attivisti con le loro proteste. Interessante l’incontro bilaterale Modi-Meloni per una concreta attuazione del partenariato strategico. “Summit del G7 di incredibile successo”, ha detto il Premier britannico Sunak, “Giorgia merita enormi elogi”. E il Washington Post titola: “Per Meloni il summit rappresenta il giro della vittoria dopo il trionfo alle europee”.                               L’Ue vaso di coccio? I mutamenti geopolitici hanno creato difficoltà, ma si sta registrando anche resilienza, né va dimenticato che l’Ue, col 6% della popolazione mondiale, produce il 22% del Pil, che l’euro è negli scambi planetari il secondo mezzo di pagamento. Stati Uniti, Cina e Giappone sono avanti, pertanto, secondo quanto rilevano esperti economisti, nell’Ue debbono essere anteposti investimenti in tecnologia e competenze, in transizione energetica.                                                                                       Ci siamo soffermati su quanto sembra maggiormente contare: è proprio ciò misura di civiltà? Non vorremmo abbracciare la riflessione leopardiana sulla civiltà: “La storia dell’uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all’eccesso di civiltà, e finalmente alla barbarie, e poi da capo”.

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                                               Antonietta Benagiano

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