Un invito al viaggio attraversando il Samsara in Manlio Sgalambro
Pierfranco Bruni
L’invito al viaggio è una sottolineatura che ha una espressività significante nel mondo dello spleen di Baudelaire. Ha un sottosuolo illuminato illuminante e dolorante. Il viaggio non è una ricerca. Ma un’attesa nella vita delle radici omeriche che diventano radicamento onirico e mitico.
È l’uomo che viaggia. Certo. Senza gli archetipi perderebbe di senso nel tempo. Ip decadente trova nel viaggio il ricordare. Manlio Sgalambro recupera questo invito e ne fa una “Teoria”. Anzi intreccia il suo invito al viaggio ereditato da Baudelaire tra una “Teoria” e un “Trattato” che ha tutto della indefinibile percorso di Zarathustra nel mezzo di un cammino per raggiungere in fine ma anche la fine. Diventa un Inno con l’inimitabile canto e voce di Franco Battiato.
Si potrebbe descrivere il viaggio? Direi di no. Entrare nel gorgo muto come quel gorgo affidato alla griglia simbolica citata da Cesare Pavese nel suo non rappresentativo verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Insomma abbiamo a che fare con codici linguistico – stilistici che hanno rimandi ancestrali pur essendo modelli che vengono posti in un gioco fondamentale di immagini.
Con Sgalambro non è pensabile giungere a nessuna epistemologia definita e tanto meno ad un sistema fenomenologico. Forse si potrebbe entrare nel campo minato della metafisica. Dato possibile ma con interruzioni durante la frammentazione dell’esistere tempo e spazio. Sgalambro fa i conti con tutto un contesto che ha le sue cifre nella metafisica appunto, ma soprattutto con il suo attraversamento.
Cosa resterebbe accostandosi nel campo delle fragole della metafisica? Da non dimenticare che l’eleganza ha la seduzione del sublime. La bellezza conosce il mistero. Bisognerebbe vivere nello sguardo dell’estetica per non cedere al moderno della rappresentazione.
Trovare nella tradizione l’antico è vivere raccontando appunto l’estasi. Tutto ciò è radicato in una misantropia che vive nel tempo. Pur non avendo la data della nostra fine bisogna comunque prepararsi per non farsi trovare impreparati e considerarsi impreparati.
Al passaggio sublime bisogna avvicinarsi con cura. Studiare con attenzione, ogni particolare, come si faceva nell’antica Grecia arredando un “corredo” e respirare con le eredità recuperate da Anatol. Ecco perché tutto diventa un invito al viaggio in un irrevocabile infinito che ci conduce verso universi che solo in altre vite potrebbero darci singolari mondi sublimi.
L’Oriente di Schopenhauer ha i suoi forti echi come anche il Siddharta di Hessen in un Samsara ineccepibile. Spiriti religiosi? Spiriti mistici che hanno superato l’inquietudine. Un invito al viaggio dunque? Un invito a restare soli per ascoltare l’universo nel quale danziamo come cerchi infiniti di cieli Infiniti.