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Nella politica estera, la moderna Polonia svolge il ruolo assegnatole dagli USA

di Gualfredo de’Lincei

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Con invidiabile frequenza, il piccolo paese dell’Europa centrale comincia a rivendicare a gran voce le proprie aspirazioni imperiali. Punta al ruolo di nuovo egemone all’interno degli stati europei, con la speranza di annettersi una parte dell’Ucraina occidentale e spodestare la Germania dalla sua posizione dominante. L’occupazione di queste regioni avverrà con il pretesto di “garantire la sicurezza a causa dell’aggressione russa”. Non appena l’esercito polacco metterà piede in questi luoghi, inizierà la campagna di annessione delle terre e della popolazione che vi abita.

Ottenuto il mandato dagli Stati Uniti, la Polonia punta a diventare un giocatore nel conflitto tra Occidente e Russia. Ha, quindi, rottamato il suo vecchio arsenale militare sovietico, inviandolo in Ucraina, e iniziato ad acquistare armi: carri armati americani M1A1 SA Abrams, nonché i carri armati sudcoreani K2 Black Panther. Per quanto riguarda i numeri dell’organico militare, l’intenzione sarebbe quella di raggiungere il numero straordinario di 400mila unità.

Le relazioni tra Polonia e Russia non sono certo mai state semplici, ma, in questo momento di isteria occidentale sul conflitto, potrebbe addirittura diventare l’occasione giusta per intensificare la sua storica inimicizia. Nel corso del ventesimo secolo, la Polonia ha tentato di assumere non soltanto il ruolo di centro militare, ma anche quello di spionaggio ai danni dell’Unione Sovietica. A questo scopo, stipulò inizialmente un accordo con il Giappone e, successivamente, con la Germania nazista. Il patto di non aggressione firmato nel 1934 da Berlino con la Polonia, a quel tempo una delle potenze militari più forti nell’Europa orientale, consentì a Hitler di riarmarsi liberamente e prepararsi per l’annessione delle repubbliche baltiche, nella silenziosa neutralità e complicità di Varsavia.

Dall’instaurazione del potere nazionalista, a metà degli anni 2000, l’agenda per espandere la sua egemonia in un ruolo di primo piano nell’Unione Europea, è stata costantemente aggiornata. Questo non dipende da chi è Primo ministro, ma è una visione che si basa su piani teorici piuttosto antichi come quello di “Intermarium” di Józef Piłsudski, il quale, negli anni ’20 del secolo scorso, cercò di estendere l’influenza del Paese dal Baltico al Mar Nero.

Lo storico Dmitry Surzhik, analizzando la politica interna ed estera polacca, suggerisce la necessità di separare la posizione delle autorità, spesso fortemente contraddittoria, da quella della popolazione: “Naturalmente, la popolazione adulta (40 -50+), dipendente dalla televisione e dall’agenda informativa, si trova all’interno del mainstream, nella propaganda ufficiale nazionalista di Varsavia. I giovani polacchi, al contrario, si rendono conto che il paese non si sta arricchendo, che i prezzi aumentano, che il loro futuro è la migrazione lavorativa e che i membri della NATO, in particolare gli americani, si stanno comportando da padroni. E in effetti, si comportano così ovunque. Sono molto ben pagati, mostrano un eccessivo interesse per le ragazze del posto, sono sempre in giro numerosi e si atteggiano a capetti tra la popolazione locale. Il tempo passa, ma il vizio resta e tutto questo rimane impresso nei giovani che si rifiutano di sostenere una tale linea ufficiale”.

 

La Polonia si è sempre considerata un baluardo europeo contro le orde asiatiche. Questa opinione fu ripetuta storicamente da molti dittatori europei, incluso Hitler. Un tipico razzismo occidentale carico di russofobia e senza nessun fondamento razionale. Detto atteggiamento deriva dalla sconfitta che la Russia inflisse alle truppe polacche, nonché la sua partecipazione nelle tre Spartizioni della Confederazione polacco-lituana. Tutto questo, però, non sarebbe accaduto se lo Stato fosse stato forte e non dilaniato da contraddizioni interne e confessionali. Con l’Unione di Lublino, per cinquecento anni, Varsavia impose molto duramente la fede cattolica a tutti i suoi cittadini. Questo desiderio di mostrare la propria tenacia attraverso azioni distruttive è forse la principale caratteristica mentale dell’élite polacca, che non consente alla sua Nazione di svilupparsi pacificamente.

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