REATI CONTRO GLI ANIMALI: SU UCCISIONE E MALTRATTAMENTO I MAGGIORI EFFETTI DELLA RIFORMA BRAMBILLA
Il reato di uccisione di animali e quello di maltrattamento di animali rappresentano da soli il 68,6 per cento di tutti i reati contro gli animali perseguiti dalle Procure italiane: rispettivamente il 39,6 e il 29 per cento del totale. Benché la maggioranza dei fascicoli sia a carico di ignoti, è soprattutto su queste due fattispecie che avrà effetto, una volta divenuta legge, la riforma Brambilla approvata mercoledì dalla Camera dei deputati.
“L’obiettivo principale della pdl – spiega l’on. Michela Vittoria Brambilla, prima firmataria e relatrice del provvedimento – è fornire ai magistrati strumenti più efficaci e adeguati per punire i responsabili di fatti particolarmente gravi. Basti ricordare, ad esempio, il cane Angelo torturato a morte nel Cosentino, il cane Aron bruciato a Palermo, il gatto Leone scuoiato vivo nel Salernitano, il gatto Green ucciso a botte in Veneto: sono solo i casi più eclatanti, quelli che i media riportano per la loro efferatezza o perché sono avvenuti sotto gli occhi di tutti”.
Aumentano le pene per l’uccisione di animali (544-bis): “Se il fatto è commesso adoperando sevizie o prolungando volutamente le sofferenze dell’animale”, quindi sul modello della legge francese del 2021, si passa a un anno nel minimo e quattro nel massimo, con una multa raddoppiata, rispettivamente, da 10 mila e fino a 60 mila euro. Altrimenti si passa da quattro mesi di reclusione nel minimo e due anni nel massimo a sei mesi nel minimo e tre anni nel massimo, sempre congiunti ad una multa – finora non prevista – da 5 mila a 30 mila euro. Aumentano le pene per il maltrattamento degli animali (544-ter): si passa da tre mesi nel minimo e diciotto nel massimo a sei mesi nel minimo e due anni nel massimo, accompagnati sempre dalla multa (tra i 5 mila e i 30 mila euro) che oggi è alternativa alla reclusione. Aumentano anche le pene per l’uccisione o il danneggiamento degli animali altrui (art. 638): il reato diventa finalmente perseguibile d’ufficio. La pena passa da sei mesi a un anno nel minimo e da un anno a quattro anni nel massimo, ai quali un ordine del giorno accolto dal governo chiede di aggiungere la multa. L’articolo sarà applicabile all’uccisione o al danneggiamento anche di un solo bovino o equino. Oggi a questo articolo si riferisce circa il 4 per cento dei fascicoli aperti. “E’ importante sottolineare – ricorda l’on. Brambilla – che la legislazione vigente nel nostro Paese riguarda tutti gli animali, non solo quelli d’affezione. Anche gli aumenti di pena, quindi, riguardano tutti gli animali, senza distinzione di specie”.
Di natura amministrativa, invece, sono le sanzioni (da 500 a 5 mila euro) previste per la violazione del divieto di tenere una cane alla catena, esteso a tutto il territorio nazionale. “Tenere il cane alla catena – aggiunge la deputata – è una barbarie incommentabile, che deve finire. Meritano gratitudine e lode sincera le Regioni che hanno già introdotto il divieto, che resterà in vigore dove più stringente. Quelle che ancora non l’hanno fatto dovranno applicare la legge nazionale”.