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Alveare Culturale (Fabbrica del Vapore) ospita dal 17 gennaio al 7 febbraio 2025 la mostra personale di Claudia De Luca dal titolo: Cosa Fanno le Ombre Quando non Sono Gettate?

La mostra con la curatela e l’allestimento di Pietro Cusi inaugura giovedì 16 gennaio dalle ore 18.30.
Cosa fanno le ombre quando non sono gettate?

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Questa domanda, provocatoria e affascinante, è il perno attorno al quale ruota l’intera ricerca artistica di Claudia De Luca in questa mostra. Si tratta di un interrogativo che risuona come un invito a esplorare l’invisibile, a interrogarci su ciò che ci sfugge, su ciò che non vediamo, ma che forse percepiamo. Le ombre, infatti, non sono semplici vuoti o spazi oscuri, ma luoghi in cui si nascondono potenzialità, possibilità non realizzate, attimi che sfuggono alla nostra comprensione immediata. Le opere di Claudia De Luca si propongono come una sorta di mappa per esplorare questi spazi liminali, quei momenti che sfuggono al nostro sguardo consueto, quell’intervallo tra il visibile e l’invisibile, dove la realtà e il sogno si fondono e si sovrappongono.

 

In questo contesto, l’artista non si limita a ritrarre ciò che è già stato, ma si concentra sul prima, sul potenziale che precede l’atto compiuto. Così come Damien Hirst ha cercato di fissare l’istante irripetibile della morte, simbolizzato dal suo celebre Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, lo squalo in formaldeide, Claudia De Luca vuole cristallizzare quel momento che sfugge alla nostra percezione: il non ancora, il possibile che non si è ancora concretizzato. Non è più l’atto compiuto a essere al centro, ma ciò che lo precede, l’attimo in cui il futuro è ancora aperto, privo di forma, ma già carico di significato.

 

Nel suo lavoro, le ombre diventano protagoniste, si distorcono, si allungano, danzano, si fanno segni di una realtà che ci è ignota. Le sue opere sembrano volerci svelare qualcosa che, pur essendo nella nostra portata, ci sfugge ogni volta che tentiamo di comprenderlo appieno. E in questo “sfuggire” risiede la loro forza. Le ombre non sono semplici assenze, ma spazi di potenziale che ci invitano a riflettere su ciò che resta nascosto, su ciò che non è visibile a occhio nudo, ma che esiste comunque, come una parte silenziosa del nostro mondo.

 

Ma, in fondo, non è proprio questo ciò di cui abbiamo bisogno in un’epoca come la nostra, in cui il flusso continuo di informazioni e immagini ci sovrasta senza sosta? In un mondo sempre più veloce, in cui tutto è immediatamente accessibile e fruibile, la vera sfida sta nell’imparare a porre domande. Domande che non hanno risposte facili, domande che non possono essere risolte dalla pura accumulazione di dati. È questa l’invito che Claudia De Luca ci rivolge: fermarsi, interrogarsi, riflettere sull’incertezza, sull’impossibilità di conoscere tutto. La sua arte, più che un affermare certezze, è un invito a vivere nell’interrogativo, nell’apertura, nell’incognita.

 

La tecnica pittorica di Claudia De Luca si inserisce in una tradizione che affonda le radici nel movimento informale degli anni Cinquanta, ma al contempo si distacca da essa, proponendo una visione del tutto personale e contemporanea. Se gli artisti dell’informale cercavano di esprimere l’indicibile attraverso gesti liberatori e segni primordiali, Claudia De Luca compie un passo ulteriore, portando la riflessione sulla materia e sul gesto pittorico verso una dimensione più intima, più sospesa, meno definita. La sua pittura non è mai statica: le sue composizioni sembrano vivere di vita propria, come se ogni tratto, ogni macchia, ogni segno pittorico stesse cercando di liberarsi da un confine troppo stretto, di oltrepassare i limiti imposti dalla superficie.

 

Le sue opere sono come frammenti di una realtà che non si è ancora compiuta, come attimi sospesi in cui le cose sono ancora in bilico, non ancora prese in una definizione definitiva. In un certo senso, il suo lavoro evoca una realtà che si sta ancora scrivendo, che sta per accadere, ma non ha ancora avuto luogo. È come se ogni quadro fosse un portale verso ciò che deve ancora manifestarsi. In questo senso, il buio non è mai solo oscurità: è il luogo in cui tutto si origina, in cui ogni possibilità è ancora aperta. La luce, quindi, non è l’antagonista dell’ombra, ma la sua compagna, la sua partner in un gioco di reciproca definizione. Nessuna delle due potrebbe esistere senza l’altra, e ogni opera si pone come un tentativo di portare luce in quell’oscurità, non per eliminarla, ma per esplorarla, per comprenderla. Ogni quadro di Claudia De Luca è come un faro nel buio, un piccolo spiraglio che ci invita a entrare nell’ombra, a camminare al suo interno e a farci domande. Cosa succederebbe se guardassimo il mondo senza aspettarci risposte facili? Se, invece, accogliessimo l’incertezza come una parte integrante della nostra esistenza?

 

In questo senso, il tema del sogno è centrale nella riflessione dell’artista. Le ombre di Claudia De Luca non sono solo il riflesso della realtà, ma sono anche il riflesso del nostro mondo interiore, del nostro subconscio. Come nel celebre Incubodi Johann Heinrich Füssli, l’oscurità non è solo una condizione fisica, ma anche una condizione psichica, un luogo in cui i nostri desideri, paure e speranze prendono forma in modo indistinto, come fantasmi che non sono mai del tutto definibili. Ma, al contrario del lavoro di Füssli, che ci invita ad esplorare l’inquietudine e il mistero del mondo onirico, Claudia De Luca sembra porci in una posizione diversa: le sue ombre ci osservano, ma non per terrorizzarci, bensì per orientarci verso un tipo di consapevolezza che nasce dalla riflessione.

 

Le sue opere ci chiedono di guardare oltre, di scorgere ciò che è sospeso, ciò che sta per accadere. Ecco il momento cruciale: mentre il sogno è sempre ambiguo, misterioso e sfuggente, l’arte di De Luca ci invita a interrogarci su ciò che precede ogni azione, ogni evento, ogni cambiamento. Non si tratta di cogliere l’istante presente, ma di essere consapevoli di ciò che lo ha preceduto, di ciò che sta per succedere, di ciò che è in procinto di manifestarsi. Non possiamo fermare il tempo, ma possiamo imparare a guardare il flusso degli eventi con occhi nuovi, più attenti, più consapevoli.

 

La sospensione dell’incredulità, come descritta da Samuel Taylor Coleridge, diventa qui il fondamento per accedere all’opera di Claudia De Luca. Così come il lettore di una poesia o il fruitore di un’opera d’arte deve sospendere il proprio giudizio razionale per entrare nel mondo immaginario che gli viene proposto, anche noi siamo invitati a fare lo stesso con l’arte dell’artista. Non si tratta di credere acriticamente, ma di mettersi in ascolto, di aprirsi all’esperienza senza aspettarsi risposte preconfezionate. Solo così potremo cogliere il senso profondo delle sue opere, quel senso che non può essere semplicemente spiegato, ma che emerge solo nel momento in cui ci immergiamo nel gioco ambiguo di luce e ombra, di visibile e invisibile, che Claudia De Luca ci propone. È in questa sospensione, in questo spazio di incertezza, che la sua arte diventa davvero potente.

 

L’uso della tarlatana come supporto pittorico e come elemento di installazione site-specific è emblematico di questa ricerca. La tarlatana è una stoffa trasparente, leggera, che ci consente di “guardare attraverso”, ma al contempo ci impedisce di vedere chiaramente. In questo senso, l’artista ci invita a “intra-vedere”, a fare un passo oltre il confine del visibile, ad entrare in contatto con ciò che è nascosto, con ciò che rimane fuori dal nostro sguardo quotidiano. La tarlatana diventa quindi una metafora del nostro rapporto con la realtà: possiamo vedere solo una piccola parte di essa, finché non decidiamo di guardare più a fondo, di spingerci oltre la superficie, di entrare nel cuore stesso dell’ombra. In questo percorso, siamo chiamati a fare un atto di fede nell’arte, ad abbandonarci alla sua capacità di illuminare ciò che è oscuro e di aiutarci a comprendere ciò che è invisibile. È questo il passo necessario per decifrare la realtà complessa in cui viviamo, per affrontare il “non sapere” che, paradossalmente, è una delle caratteristiche più autentiche della nostra condizione umana.

 

Viviamo in un mondo in cui l’informazione è onnipresente e continua, un mondo in cui ci viene detto cosa pensare, cosa sapere, cosa desiderare. Eppure, in questa esposizione di Claudia De Luca, ci viene offerta una possibilità rara: quella di entrare in contatto con l’incertezza, con il dubbio. La tarlatana, come simbolo di una realtà che ci sfugge e ci interroga, diventa un invito a mettere in discussione tutto ciò che crediamo di sapere. Qui, non ci sono risposte facili, non ci sono certezze rassicuranti. C’è solo la possibilità di aprirsi al mistero, di “voler avere dei dubbi un po’ più chiari”, come direbbe Marco Paolini. E, in questo desiderio di chiarire i dubbi, forse troveremo la nostra vera risposta.
CLAUDIA DE LUCA

 

Pescarese di origine, si laurea in Storia Contemporanea presso l’Università di Lettere e Filosofia di Bologna e in Comunicazione e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. È docente di filosofia e storia presso il Liceo Ginnasio Luigi Galvani di Bologna. Dal 2013 porta avanti una ricerca artistica e filosofica che vede nei concetti di confine e soglia gli elementi portanti della sua poetica. Poiché il procedere dell’uomo ha sempre un andamento metamorfico, il suo gesto pittorico indaga gli interstizi rizomatici di quel procedere nei quali visibile ed invisibile, verità ed illusione, realtà e dimensione onirica si fondono e si confondono. Ciò che emerge sono frammenti di un’anatomia interiore che diventa ora paesaggio, ora ricordo, ora inquieta grazia. Ha esposto in mostre personali e collettive tra le quali:

Rizomazioni per la Mostra Be Creative, be green nell’ambito di ArteFiera 2012, Bologna; mostra collettiva Boom presso la Galleria d’arte Cael di Milano; mostra collettiva Amars III presso l’Hub Art di Milano; mostra collettiva Earth a cura di Paratissima presso l’ARTiglieria di Torino; mostra collettiva Looking Within a cura di A.topos, presso il Palazzo Donà Brusa di Venezia; progetto artistico Rites, Retours, Routes in collaborazione con la RAI per il sociale e l’Istituto Inail presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma; mostra collettiva We Art Open a cura della Notitlegallery di Venezia; rivista d’artista Zorba il greco a cura della MyMonkey Edizioni e relativa mostra personale presso l’antica tipografia Anonima Impressori di Bologna; mostra personale Le camere dello scirocco presso la Basilica di San Celso di Milano; mostra personale La verità delle rose tardive presso la Galleria ArteSpazioTempo di Venezia.; mostra personale Leviagravia presso la Cripta di San Zama a Bologna nell’ambito di Artefiera per Artcity 2023; mostra personale Il giorno dopo la Rivoluzione  presso il Polo del 900 di Torino;  mostra collettiva Panni stesi presso la Sala dei Mercanti- Madonna dell’Orto di Venezia; mostra personale Esuvie, a voce molto bassa presso il Palazzo D’Adda di Varallo, nell’ambito del Borderline-Artefestival 2023; mostra collettiva Ecsidi le infinite mute dell’animo nell’ambito di Paratissima Nice&Fair presso le Scuderie della Cavallerizza di Torino; mostra personale L’ultima parola presso la galleria ArteSpazioTempo di Venezia; installazione artistica site specific Quanto resta della notte in collaborazione con la fotografa Eleonora Conti nell’ambito di Artefiera per Artcity 2024 presso il Teatro DamsLab di Bologna; mostra collettiva Partage presso la Fondazione Amleto Bertoni di Saluzzo; mostra collettiva Convergenze presso la Galleria Idea4mi in via Lanzone 23, Milano; mostra collettiva La pertinenza del blue presso la Galleria Duci Contemporanea di Camini (RC).

Crediti fotografici Eleonora Conti

 

INFORMAZIONI

Cosa Fanno le Ombre Quando non Sono Gettate?

Mostra Personale di Claudia De Luca

 

Apertura: 16 Gennaio 2025

Orario: Mercoledì – Venerdì 10:00-18:00 // Sabato e Domenica 14:00-19:00

Fino a: 07 Febbraio 2025

Dove: Alveare Culturale, Via Giulio Cesare Procaccini 4 (Fabbrica del Vapore), 20154, Milano

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