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Quando la musica rimanda ad un immaginario audiovisivo potente e suggestivo, attingendo a grandi capolavori della cinematografia internazionale, il risultato è una fusione d’Arte, anima e vibrazioni che trascende dal semplice ascolto per travolgere a 360 gradi l’emotività del pubblico.

Questo è ciò che accade premendo “play” su “Slate”, il nuovo singolo della graffiante cantautrice e vocal coach italiana dall’attitude d’Oltreoceano Krait, un concentrato di grinta, carattere, sensualità ed eleganza.

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Anima metal-rock, vocalità intensa e impetuosa, carisma da fuoriclasse e cuore intriso di mille contaminazioni sonore differenti, sono gli ingredienti principali di Krait e della sua musica, un’impeccabile fusione di dinamismo, ritmo ed energia in grado di coinvolgere, affascinare e stupire sin dalle prime note.

Frontwoman dell’iconica band di matrice metal Deceit Machine, attiva sulla scena dal 2016 e tra le più stimate del panorama hard-rock italiano, l’artista, dopo il successo ottenuto con le sue prime due release in veste solista – “Shed the skin” e “Redrum” -, torna con una canzone in grado di coniugare perfettamente trasporto e introspezione.

Magistralmente prodotto dal sapiente tocco di A-Kurt, con mix e master a cura di Adma, “Slate”, in italiano “Ardesia”, si identifica musicalmente nella roccia da cui prende il nome, in una metamorfosi di suoni e stili su cui si staglia la duplicità di un testo dall’accezione intima, ma al contempo irruenta e risoluta.

E proprio come il grigio che tinge la pietra, vivido e brillante, ma perennemente sospeso tra il bianco ed il nero, seppur dotato delle proprietà cromatiche di entrambe le tinte, il brano narra una dimensione aleatoria, un limbo in cui ci si ritrova costantemente a mezz’aria tra bene e male, privati della possibilità di scegliere, di compiere anche un solo, primo passo, verso una delle due direzioni antitetiche.

«You know why my demons like me? Because I learned to love them back to embrace the best part of me» («Sai perché piaccio ai miei demoni? Perché ho imparato ad amarli di nuovo per abbracciare la parte migliore di me»); sin dall’apertura del pezzo, si evince il tema centrale su cui è costruito, che non vuol essere un motto alla fortificazione dell’anima attraverso una sofferenza obbligatoriamente trasformata in positività, bensì, un inno, coraggioso e sincero, alla resilienza.

Capacità intrinseca per alcuni ed empirica per altri, che Krait evidenzia citando uno dei passaggi più intensi e viscerali recitati da Heat Ledger nella straordinaria interpretazione di Joker nel colossal americano del 2008 “The Dark Knight” (“Il Cavaliere Oscuro”): «Whatever doesn’t kill you makes you stranger» («Qualunque cosa non ti uccida, ti rende estraneo»), rimarcando come non tutto ciò che ci ferisce necessariamente ci fortifica, ma, senza dubbio, accresce ed incrementa la nostra capacità di adattamento alle situazioni avverse.

Un brano di contrasti e contestazioni personali, ma al tempo stesso di riscatto, di liberazione da tutti quei giudizi che rivolgiamo ai nostri lati oscuri, a quelle ombre che offuscano la luce interiore insita in ciascuno di noi, per ricordarci che non possiamo – e non dobbiamo – cercare di essere diversi da ciò che siamo nel profondo – «there’s no point in trying to be what you’re not» («non ha senso cercare di essere ciò che non sei») -, anche quando la nostra meravigliosa autenticità, non sempre semplice da comprendere e gestire – «being me is harder than it looks» («essere me è più difficile di quanto sembri») – sembra remarci contro e volerci trascinare in un baratro – «I’ve tried to reach the lights, but darkness pulled me down» («ho cercato di raggiungere le luci, ma l’oscurità mi ha tirato giù») -, perché «no pleasure is without pain» («nessun piacere è senza dolore») e nulla, nella vita, è regalato – «You don’t get anything without paying» («non ottieni nulla senza pagare») -.

Ad accompagnare il singolo, gli iconici scatti firmati da Ilaria Lattanzi dal forte richiamo al genio creativo di Robert Rodriguez e alla pellicola del 2007 “Planet Terror” ed il suggestivo videoclip ufficiale, diretto da Mattia Silva, volutamente ispirato all’immaginario tarantiniano, che, anche grazie alla partecipazione di alcuni degli studenti di Krait e della sua insegnante di Pole Dance Alice Giorgia Faulisi (campionessa mondiale di Pole sport), traspone in immagini la duplice accezione del brano, consentendo un’immersione sensoriale a tuttotondo in un mood in biblico tra le tenebre e la luce.

Con una capacità tecnica impeccabile, in grado di enfatizzare la sua vocalità unica e magnetica e di spaziare da armonie più dolci e delicate tipicamente pop ad un incredibile cantato in scream fortemente heavy metal, Krait è una delle proposte più interessanti, innovative e frizzanti della scena underground italiana.

 

Biografia.
Krait, al secolo Michela Di Mauro, è una cantautrice, screamer e vocal coach italiana. Frontwaman della band di matrice metal Deceit Machine, attiva sulla scena dal 2016 e tra le più stimate del panorama hard-rock nazionale, trae il suo nome d’arte dal “Bungarus caeruleus”, comunemente chiamato “Krait”, serpente notturno originario dell’India, tra i più pericolosi, silenziosi e letali al mondo. Appassionata di musica in ogni suo genere, accezione e sfumatura, coniuga stili e sonorità differenti, passando dall’hard rock al jazz, dallo screaming all’hip hop; un arcobaleno di melodie e contrasti che si armonizzano grazie ad una capacità comunicativa di raro riscontro e ad una vocalità unica e ricercata. Nel 2021 dà il via al suo percorso parallelo solista, pubblicando i brani “Shed the skin” e “Redrum” -, seguiti, l’anno successivo, da “Slate”, un magistrale esempio di raffinatezza interpretativa e di fusioni sonore, che evidenzia non soltanto un’eccezionale abilità tecnica, ma anche un immaginario eclettico, innovativo e rivoluzionario, a cui l’artista attinge. Innovativa, elegante ed impetuosa, Krait è il nuovo volto del panorama alternative-underground italiano.

 

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