Julius Evola
Le Radici dell’Idealismo
Lettere a Benedetto Croce 1925-1933 e a Giovanni Gentile 1927-1929
a cura di Stefano Arcella
Edito iLibridelBorghese
Possiamo definire l’evolismo una metafisica immanente dell’Atto e l’Atto evoliano una realizzazione pragmatica e integrale dell’equazione ontologica Io = Io, dove l’Io occorre intenderlo in senso sovrapersonale e ultra-invidualistico, quale autarchia piena, sovranismo spirituale, autodominio verticale, ascendente, mistagogico. Il termine mitogonico aiuta a comprendere Evola quale pensiero militante, combattivo e nel contempo espressione di un Logos trascendente e cosmico che il singolo appare chiamato a inverare e possedere attivamente. Filosofo romano anche in quanto il pensiero di Evola assume come dato dialettico e valoriale centrale il concetto di Limite, quale processo infinito di crescita dalla potenza all’atto.
Questa nuova edizione delle lettere di Julius Evola a Benedetto Croce e a Giovanni Gentile, scritte fra il 1925 e il 1933, è caratterizzata dalla pubblicazione unitaria del duplice rapporto epistolare, motivata dalla necessità di un ripensamento critico complessivo di esso anche alla luce del dibattito culturale che si è svolto negli ultimi venti anni, in seguito alle prime edizioni delle lettere nel 1995 e nel 2000.
Il parere favorevole di “don Benedetto”, in ordine alla pubblicazione di Teoria dell’Individuo Assoluto e La Tradizione ermetica di Evola, apre un’ intrigante ricerca sul sottofondo culturale del colloquio fra i due filosofi così come l’apertura di Gentile alla collaborazione di Evola alla Enciclopedia Italiana introduce un profilo sorprendente sul rapporto fra i due pensatori, iniziato – e questo è un dato del tutto nuovo− già molto prima delle lettere, nel 1923, con la dedica a Gentile di un quadro dadaista di Julius Evola.
Inoltre, l’interesse di Croce per i testi esoterici del ‘500 e del ‘600, l’influenza che sulla sua formazione ebbe il pensiero di Giordano Bruno, apre uno squarcio insospettato sulle radici ermetiche e occulte dell’Idealismo.
E infine altri aspetti inediti riguardano la collaborazione di Evola alla Compagnia degli Illusi, l’associazione d’arte di Napoli (1919-1943), ove tenevano conferenze i massimi esponenti della cultura nazionale.
Una breve bio-scheda su:
STEFANO ARCELLA, saggista, studioso dei culti gentilizi di Roma arcaica, dei culti misterici del mondo antico e, in particolare, dei Misteri romani di Mithra in età imperiale, nonché della spiritualità e della cultura esoterica del Novecento.
Estratto del saggio introduttivo di Stefano Arcella sul rapporto Evola-Croce (“Un dialogo controverso, eppure si parlarono”)
“… Può forse sorprendere che Croce si interessasse di antichi trattati di aritmosofia. In un articolo sulla Critica del 1921, dedicato ai “Libri seicenteschi sui misteri dei numeri”, Croce tratta dei Numerrum mysteria (edizione del 1599) del canonico bergamasco Pietro Bongo, in cui l’Autore definisce e descrive i significati allegorici dei numeri in testi patristici o in quelli classici. Croce scrive che nel testo del Bongo possono trovarsi le più curiose rispondenze non solo per l’unità, il binomio, la triade, la tetrade, il settenario, ma anche per moltissimi altri numeri, anche dei più grossi, fino al numero 144.000 e al ‘millenare cubo’, anzi ai ‘numeri maggiori’ e alla moltitudine.
In particolare, Croce si sofferma sul capitoletto dedicato al quaternario, rilevando l’influsso delle tradizioni pitagoriche e di quelle medievali, che nei numeri stimano simboleggiati i misteri delle divinità. Il filosofo rileva anche che Bongo tenta di fondare la sua dottrina su un metodo diverso dal ragionamento. Sul punto dell’influsso esercitato su questo trattato dalle correnti esoteriche rinascimentali, Croce cita le considerazioni di Daniel Georg Morhof (1639-1691), professore di eloquenza e letteratura a Kiel, secondo il quale, il Bongo, nella sua opera, avrebbe ripreso molto dai cabalisti e dai teosofi.
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