Nessuno può parlare delle virtù
Nessuno può parlare delle virtù. Soltanto Dio. Ma c’è qualcuno che si avvicina a Dio: i bambini. Anche se i bambini non parlano delle virtù, piuttosto le mettono in pratica. In maniera assoluta e sacra. E originale. Com’era in origine, quando l’uomo non conosceva il peccato.
Nessuno può parlare delle virtù. Ma i bambini con i loro gesti ed i loro sguardi sono capaci di comunicarci le virtù. Per loro sono come i giocattoli: le amano, le usano, le montano, le smontano, le ricompongono, le portano persino a dormire con loro. Così sono i bambini. Come noi quando eravamo bambini.
Nessuno può parlare delle virtù. Neanche l’artista. Così, se non è possibile per l’artista parlare delle virtù, non è possibile neanche dipingerle o plasmarle. Gli rimane un’unica possibilità: plasmare i bambini. I bambini che mordono, che usano, che amano, che distruggono le virtù e che perciò stesso le rappresentano. Senza moralismi, senza ipocrisie, senza distinzioni preconfezionate tra bene e male, senza nemmeno la coscienza di rappresentare le virtù.
Nessuno può parlare delle virtù. Neanche l’artista. Ma può Orazio Coco dare forma ai bambini che ci mostrano le virtù. Può riempire lo spazio di bambini. Può moltiplicare i loro gesti, i loro sguardi fino a diventare un esercito. Un esercito di bambini che ci guardano. E’ il loro sguardo che ci colpisce. E’ la loro arma. Perchè è uno sguardo che esprime fiducia. Che ci dà speranza. Uno sguardo che ci perdona e ci chiede perdono. Che ci trasmette il coraggio di affrontare la vita senza condizioni. Uno sguardo che affronta il senso della colpa. Che ricerca la conoscenza. Che sperimenta usi ingegnosi ed insoliti per oggetti banali. Oppure uno sguardo interno. Occhi chiusi alla ricerca della purezza, della sensazione del vento tra i capelli, del passaggio sottile dell’aria tra le mani. Uno sguardo senza parole. E’ muta questa schiera di virtù di terracotta. Senza armi letali e senza voce è questo esercito.
Perchè nessuno può parlare delle virtù. Neanche l’artista. Neanche io.
Dalia Monti